Che il campionato stia prendendo una china infausta per il Cagliari, ormai lo sanno anche gli armadietti degli spogliatoi dello stadio.
I gratta capi sono tanti, e spesso i rimedi non solo non tappano i buchi, ma gli amplificano in un crescendo di inerzie negative che stressano un ambiente già logoro di suo.
Dopo 7 gare, un cambio di allenatore alla terza di campionato, e 3 soli punti in classifica, tenere botta e risalire la china è diventato per il Cagliari la “missione della vita” che però stenta a decollare.
Di responsabilità e colpe, spalmate tra dirigenza, guida tecnica e calciatori, si è già parlato a lungo.
Sta di fatto che è bastato un neopromosso Venezia in trasferta, ad inchiodare un Cagliari incredulo sul risultato di 1-1, nella partita che per gli uomini di Mazzarri doveva segnare il passo di discontinuità tra l' Ancien Régime e una nuova terra promessa.
Tutto ciò che in serie A è necessario, di questi tempi sta mancando. E ciò che è sufficiente, se basta per galleggiare, certo non serve per cambiare di rotta e di mentalità.
Il Cagliari è spento. Sia nel gioco che nell'entusiasmo.
E una squadra con l'umore a terra ed uno spogliatoio (pare) in ebollizione, non sono certo i migliori ingredienti per giocare a calcio in modo propositivo.
Ora forse, con la sosta per le nazionali, Mazzarri avrà il tempo per ricamare l'abito su misura per un Cagliari nudo di fronte ai suoi problemi.
E magari, alla ripresa contro la Sampdoria, dare il tanto agognato scossone alla classifica per abbandonare un vergognoso ultimo posto.
Ma forse per ora, meglio non pensarci e concentrarsi sul lavoro ad Assemini. Dove ferite e traumi potranno cicatrizzarsi con calma.
La squadra infatti è fragile. Non nei nomi (sia ben chiaro), ma nella testa. E in campo l'avversario lo vede e ne sfrutta i punti deboli. Il calcio, è per gente centrata su un focus e decisa nel volerlo. Il resto, sono solo chiacchiere.
Il grosso del lavoro per un cambiamento dunque, sta proprio nella mentalità e nella fusione dei tanti singoli “egoismi”, in un unico e compatto grido. Lo stesso che riuscì la scorsa stagione a Leonardo Semplici e portò il Cagliari alla salvezza.
A quei tempi il fiato sul collo enorme, ma ce la si fece tutti insieme.
Ora, con 31 partite da giocare e 93 punti a disposizione, c'é tutta la vita per recuperare sia l'onore che la credibilità.
Ciò che resta sono l'apatia, la noia, l'indolenza (queste si), di partite tutte uguali. Dove spesso si gioca per un' ora, ed il resto lo fanno gli altri.
Risultato compreso.