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Il colpo del K.O.

L'analisi del match contro il Pescara

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Questo settembre il Cagliari era salito sul ring della B senza cappuccio, e col volto dichiaratamente scoperto si presentava alla cadetteria come la squadra da battere. Avanti il prossimo, insomma. Da quel giorno ha dato un cazzotto dopo l'altro, stendendo avversari e palesando una superiorità evidente. Così ogni volta che il pugile saliva sul ring dagli spalti tutti pretendevano il k.o. al primo montante, e quando l'avversario non crollava cominciavano i mugugni. Poi certo, alla fine il malcapitato finiva a terra, alla fine il numero uno era sempre lui, ma se ci hai fatto caso a fine incontro aveva qualche goccia di sudore e poi guarda quello zigomo, io lo vedo leggermente gonfio. E fa niente se poi il pugile tornava a casa ancora con la cintura del leader, avrebbero comunque tutti parlato del ghiaccio che avrebbe dovuto mettere sulla guancia.

Tra tutti i pugni sferrati da inizio anno, tuttavia, questo di ieri è di gran lunga il più doloroso. Non il più bello, per carità, anzi. Brutto da vedere, rischioso, inspiegabile. Ma dannatamente forte. Perché stavolta l'avversario è salito sul ring determinato, e dopo aver speso un sacco di energie mentali (e non solo) ha preso una botta ed è finito k.o. Immediatamente, al primo colpo.

Questo Pescara è stata una delle pochissime squadre che ha deciso di giocarsela alla pari col Cagliari. Oddo, nonostante le assenze, ha preparato bene il match e ha messo sotto i rossoblù, cercando di far valere la sua idea di calcio poco biancoazzurro e molto blaugrana: possesso, tiqui-taca, partita addormentata e poi fiammata. Va detto comunque che il giochino non esce bene a chiunque, non puoi insegnare alla foca a trottare e al cavallo a tenere la palla sulla testa. Ad ognuno il suo. E quando hai una rosa di qualità altissima come quella Pescarese tutto è più semplice.

Non sembrava funzionare proprio nulla per il Cagliari, disattento e stranamente poco pericoloso. Chiariamoci, non che di solito i sardi vadano mai all'assalto del nemico o che siano travolgenti nelle loro scorribande offensive, anzi. Ma di solito affrontano squadre che difendono con undici uomini dietro la linea del pallone, ed in quei casi bisogna lavorare tanto per stanare l'avversario. Ma ieri il Pescara giocava senza paura, attaccando e quindi concedendo spazi. Farias aveva i suoi venti metri di fronte a lui che solitamente lo rendono devastante, ma a tratti sembrava irriconoscibile, salvo poi griffare il pareggio da vero boa constrictor. Una squadra spaventosamente innocua ed un Pescara che guadagnava metri e fiducia, gonfiando il petto, forte del vantaggio immediato nato da uno schema provato e riprovato in allenamento.

Il cambio di passo si è avuto nel secondo tempo con l'ingresso di Giannetti, che ha dato freschezza all'attacco del Cagliari e regalato nuova verve alla squadra. Vanno spese due paroline per questo giocatore, il classico cacciatore a cui affideresti il fucile con cinque colpi se dovessi far fuori cinque bestie. Perché con lui si va botta sicura, non si sbaglia mai, un professionista esemplare che vive per farsi trovare pronto, con eccellenti risultati. Ha propiziato entrambi i gol e ha regalato così al Cagliari una vittoria che vale doppio.

Perché un conto è prendere a pugni quando sei bello fresco, un altro è mandare l'avversario al tappeto quando ci stavi per andare tu. Oggi i sardi possono guardare la classifica e vedere il terzo posto lontano 13 lunghezze. Apparentemente la pratica sembrerebbe archiviata, ma nel calcio non si sa mai, specie in serie B. Puoi svegliarti un giorno e sembrare la vittima sacrificale, un altro invincibile, o magari anche esserlo per davvero.

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