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Esonerare Di Francesco sarebbe una follia

L'analisi del match contro la Fiorentina

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In principio era il verbo. E il verbo era “cambialo”. Quattro sconfitte consecutive e oltre due mesi senza vittoria, d'altronde, sono (quasi) universalmente riconosciuti come condizione necessaria e sufficiente per dire anche basta con la gestione tecnica corrente e passare a un nuovo flirt. Perché in fin dei conti poi di questo si tratterebbe: di un flirt, appunto. Saluti l'allenatore a cui avevi promesso amore, ali e Nainggolan e ti illudi di trovare un traghettatore o un aggiustatutto single in qualche giorno, forse in qualche ora. Se ti capita un Guardiola bene, altrimenti poco male, perlomeno non sei stato a bagnarti sotto la pioggia, ma hai spalancato l'ombrello.

Qualcuno parla di scosse, altri di svolte, qualche altro di scintille, ma se poi si chiede di andare oltre alla metafora elettromeccanica la reale motivazione non viene quasi mai fuori. 

Ma proviamo ad analizzare. Far saltare Di Francesco significherebbe indicare la porta a un biennale da un milione e mezzo di euro, cifretta che andrebbe a pesare per due bilanci. Ora, nell'ottobre scorso il Cagliari – legittimamente e razionalmente – rinunciò all'arruolamento di Radja Nainggolan sull'altare del bilancio, evitando a malincuore di spaccare il salvadanaio in un delicato momento di affanno economico. Dopo tre mesi i rossoblù, cambiando l'allenatore e conservando lo stipendio(ne) di Di Francesco, di fatto spenderebbero la cifra risparmiata in autunno per il Ninja, la stessa che – se spesa – probabilmente avrebbe evitato l'esonero stesso. Si scatenerebbe un clamoroso cortocircuito che paleserebbe una confusione totale a livello decisorio. 

Ma ammettiamo anche che ci si voglia tappare il naso e si scelga di accettare il buco da sei milioni lordi. Si lascerebbe la strada vecchia per la nuova, e qui si saprebbe di andar a lasciare qualcosa che evidentemente non ha funzionato (o forse semplicemente non ha ancora funzionato) ma davvero non si saprebbe cosa si andrebbe a trovare. Chiariamo subito che non esiste sul mercato un allenatore che sia sicuramente meglio di Di Francesco, e se anche esistesse non si accontenterebbe di mezzo maialetto al mese. Il Cagliari non può (ovviamente) permettersi un altro stipendio a sei zeri, e ad oggi mi sfugge il motivo per cui una soluzione low-cost debba fare necessariamente meglio dell'attuale allenatore. 
Poi è logico che il campionato ha le sue fasi, i rossoblù non potranno perdere in eterno e la celeberrima svolta (o scintilla, o scossa, o inversione di marcia o interruttore et similia) potrebbe arrivare con un nuovo mister. Ma potrebbe anche semplicemente arrivare con Di Francesco. 

Forse il Cagliari, più che di scossoni e di tsunami, ha bisogno di mari calmi. Ha l'urgente bisogno di mettere ordine. Il tecnico dovrà lavorare su questo, perché se gli si può addossare qualche colpa (che indubbiamente esiste, sia chiaro), questa è legata al caos, al vortice tattico in cui i sardi son precipitati a furia di collezionare moduli, varianti e sottovarianti. 
L'Europa League per quest'anno è andata, il decimo posto quasi (ecco perché un nuovo tecnico avrebbe ancora meno senso) ma oggi, paradossalmente più che a inizio campionato, non bisogna avere ansia o smania di punti.

Prima si siede l'orchestra, poi parte la musica. Prima ci si posiziona con calma ai blocchi, poi si scatena lo sprint.

Esser veloci senza avere fretta.

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