Zeman non c’è più, i più attenti se ne saranno accorti guardando il Cagliari sceso in campo a Palermo: un 4-3-3 solo sulla carta, stesso modulo del boemo ben più abbottonato che in alcuni frangenti è parso più un 4-5-1; Longo e Pisano titolari e Colombi preferito al tanto bistrattato Cragno. Un buon inizio, poi il goal di Morganella ha fatto naufragare la mera illusione.
Cambiare allenatore, rimettere in campo i senatori e una punta di ruolo, sono tutte scelte discutibili, ma lecite. D’altro canto quanto aspettare per vedere i frutti in classifica è un interrogativo altrettanto legittimo.
Criticare l’esordio di Zola risulta sparare sulla croce rossa, un esercizio stucchevole e da presuntuosi, inutile se si concentra sulla guida tecnica, doveroso se si scaglia contro la dirigenza al cui vertice c’è Tommaso Giulini. Il mese di Gennaio è lungo, come diversi possono essere gli accorgimenti che possano portare la creatura plasmata dal giovane presidente, da brutto anatroccolo a bellissimo cigno. Intervenire sul mercato immediatamente, portando in rossoblù giocatori e uomini capaci di calarsi in una realtà in confusione, impelagata in una zona retrocessione impensata ad inizio stagione, risulta un dovere verso tifosi sedotti e abbandonati dal “progetto” venduto in estate. Chapeau quando si parla di quanto fatto per rendere fruibile e dignitoso lo stadio, ma nel rettangolo verde ci si aspetta di vedere una squadra degna di essere sostenuta e capace di regalare momenti di gioia sportiva, in una terra messa in ginocchio da ben altri problemi.
Samuel Beckett ha incentrato la sua opera teatrale “Aspettando Godot” sull’attesa di un avvenimento che da l’apparenza di essere imminente, ma che nella realtà non accade mai, con la consapevolezza che chi si trova in attesa non fa nulla affinché questo si realizzi. A Giulini l’umile richiesta di non dissipare in un infruttuoso immobilismo il poco entusiasmo rimasto, senza aspettare che l’allenatore di turno possa esercitarsi in improbabili miracoli.

