Tra gli elementi messi in mostra dalla difficile partita contro il Sassuolo c’è il fatto che questo Cagliari non possa giocare senza un vero regista e dei veri attaccanti in campo, se non in situazioni disperate.
Lo ha evidenziato il secondo tempo dei rossoblu, dopo l’ingresso in campo di Simeone e Ladinetti - playmaker della primavera - al posto degli evanescenti Birsa e Gaston Pereiro, schierati peraltro in ruoli che decisamente non gli appartengono. Con l’argentino il Cagliari è tornato ad attaccare la profondità, mentre il diciannovenne capitano della Primavera ha dato un po’ di ordine e geometria al centrocampo, orfano di Luca Cigarini per scelta tecnica. E francamente la decisione di privarsi di quest ultimo in un momento di difficoltà del reparto, al di là delle dinamiche di spogliatoio, sembra quantomeno discutibile, per diversi motivi.
Per cominciare, è proprio il regista ex Atalanta a lasciare la tribuna (durante l’intervallo) prima dell’esordio del giovane centrocampista per aiutarlo con i propri consigli. Comportamento emblematico che dimostra come Cigarini non abbia nessun problema a dialogare con i compagni, i quali anzi lo ritengono un leader naturale in campo.
Infine una seconda osservazione, non meno importante. Se è “bastato” l’ingresso di un ragazzo di belle speranze - al quale auguriamo il meglio, ma che però non ha fatto granché di memorabile, a parte un bel lancio lungo preciso sui piedi del compagno - a cambiare il volto del centrocampo rossoblu, come giustificare la rinuncia a Cigarini, di gran lunga il miglior interprete del ruolo in rosa?
È In quest’ottica che si configura il suo rientro in gruppo: questo Cagliari non può privarsi volontariamente di Cigarini, soprattutto con Nainggolan fuori dai giochi. Sarebbe un gesto arrogante per non dire folle, perché la squadra viene prima di tutto e al momento ha bisogno del proprio numero 8. Perciò si risolvano le incomprensioni ed i dissidi fra giocatore e staff, se mai ci sono stati, e si torni a fare il bene del Cagliari.
