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Zeman non lascia nulla al caso: dall'11 contro 0 ai triangoli stretti passando per l'”hockey su ghiaccio”

I metodi di lavoro del mister boemo

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Il Cagliari è di rientro da Sappada, dove ha svolto la prima parte della faticosa preparazione atletica in vista del prossimo campionato sotto gli occhi vigili del neo tecnico Zeman. Con l’arrivo dell’allenatore boemo, per il Cagliari si preannunciano notevoli cambiamenti tattici rispetto all’impostazione data negli ultimi anni.

Zeman lascia infatti poco spazio alla casualità: nelle sue idee tattiche tutto deve avere un disegno ben preciso, e la pedissequa ripetizione per i giocatori di movimenti studiati e provati fino allo sfinimento è la fondamentale premessa per poi utilizzare la fantasia nella fase finale delle azioni, quelle che devono portare al gol.

Di lui si sa tanto, si sa che nelle partite delle sue squadre “l’over” è sempre in canna, come si sa che le sue difese non sono mai state impenetrabili, proprio per il motivo che non ne ha mai curato i movimenti nella stessa maniera maniacale con la quale ha invece preparato quelli offensivi.
Ma non tanti sono a conoscenza di come il mister lavori più nel dettaglio e perché spesso le sue squadre (quando i giocatori “sposano” in toto i suoi metodi) corrano più delle altre.

In primis per Zeman sono utili e mutuabili anche nel calcio i movimenti di sport quali pallavolo, pallamano, baseball e hockey su ghiaccio. In particolare i movimenti offensivi di quest’ultimo sono parte integrante dei suoi metodi di gioco, in virtù della loro velocità di esecuzione.

Velocità innanzitutto. E verticalizzazioni continue. Queste le prime due parole chiave. In pratica la prima fase dei suoi allenamenti consta di una partita undici contro zero (avete letto bene!), con le quali vengono costruite le connessioni di giocatori della zona destra e della zona sinistra del campo. Nella prima fase si usano le mani (come nella pallamano), per studiare i movimenti degli schemi di base. Poi c’è una seconda fase nella quale si utilizzano i piedi, ma con due regole obbligatorie: si gioca a tre tocchi e la squadra deve restare corta. Anzi, cortissima. Mentre si gioca vengono fatti entrare gradualmente gli “avversari”: prima gli attaccanti, poi i centrocampisti, e alla fine tutto il resto della squadra.

Per iniziare la fase offensiva si parte dal portiere. Quando questi ha la palla e non può passarla a uno degli esterni difensivi in quanto marcato, è chiamato a lanciare lungo verso gli attaccanti, i quali devono cercare di creare gli spazi necessari per il prosieguo dell’azione, che prevede rapide verticalizzazioni.
Se invece la palla arriva a uno dei terzini, la regola è una sola: muoversi verso il centro. Secondo Zeman, con la palla al piede bisogna accentrarsi, se invece la si passa bisogna fare l’esatto contrario, per tentare di creare la superiorità numerica. Al fine di capire meglio di cosa si tratta basta guardare alcune azioni del suo vecchio Foggia: si nota bene che gli attacchi venivano sviluppati in quel modo, a una velocità “supersonica”.

Altra “regoletta”: i sei esterni (tre a destra e tre a sinistra) non devono mai restare verticali tra di loro, ma formare una sorta di triangolo, ciò per avere la doppia opzione al momento del passaggio.

Sono solo alcuni degli schemi da studiare ed applicare a memoria per permettere alla palla di arrivare pericolosamente nei pressi della porta avversaria, poi dovranno essere le invenzioni dei singoli a trasformare il pericolo in gol.

Ai tempi del Pescara Zeman organizzava in genere la settimana in questo modo: il lunedì era dedicato al lavoro aerobico, a diverse velocità, con tratte di 150 e 300 metri; il martedì ci si occupava del lavoro di forza (era il giorno più intenso per i giocatori); il mercoledì partitella e il giovedì corsa coi balzi per 10 o 30 metri, e progressioni di sessanta metri, per lavorare sulla velocità. Ancora il giovedì oppure il venerdì (dipendeva ovviamente dal giorno della partita) si facevano esercitazioni tecnico-tattiche di intensità media. Un simile programma di lavoro settimanale verrà sicuramente applicato anche per il Cagliari.

Come è facilmente prevedibile e come è sempre stato per il tecnico boemo, per fare un lavoro di questo tipo è necessario dotarsi di giocatori dediti ai metodi dell’allenatore e soprattutto adatti a questo tipo di gioco. Se il connubio tra giocatori e allenatore riesce, c’è da divertirsi (vedi Foggia, in parte Lazio o Pescara); in caso contrario si rischia di far figuracce, con la felicità degli attaccanti avversari.

Considerati gli ultimi, abulici campionati del Cagliari, è un rischio che si potrebbe anche correre.

 

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