La Sardegna è nota nel mondo per tanti motivi: il suo mare e le splendide coste, la sua natura e l’entroterra ancora selvaggio e puro, l’enogastronomia, la sua lingua e i suoi dialetti sono solo alcuni esempi, noti ai più.
Ma non in tanti sanno che la Sardegna è la patria del muralismo in Italia, e custodisce alcuni dei murales più belli al mondo. A pensarci bene tuttavia, questo non deve stupirci in quando la nostra terra è uno dei cuori pulsanti di questa forma d’arte moderna e antica allo stesso tempo, nata come espressione dei movimenti di protesta e dilagata poi come forma di comunicazione sociale, di cultura e bellezza.
In Sardegna questa forma d’arte dilaga soprattutto in quattro centri: Orgosolo, vivace centro della Barbagia a poca distanza da Nuoro, noto per aver dato la scintilla culturale del muralismo di protesta politica “Inoche semus a repubrica”, quando durante un’assemblea popolare si decise di non riconoscere l’autorità locale autoproclamandosi repubblica.
Villamar invece è un piccolo centro della provincia del medio campidano dove, grazie a due esuli cileni, Uriel Parvex e Alan Jofrè, il muralismo ebbe grande impulso rappresentando usi e costumi della vita locale quotidiana soprattutto nelle opere di Antonio Sanna o grandi avvenimenti storici di rilevanza, come nelle opere di Antonio Cotza.
Arrivando a Serramanna poi, a breve distanza da Villamar, è possibile scoprire ancora una nuova forma sociale del muralismo, ossia quella che grida il disagio sociale dei giovani emerso a partire dagli anni Settanta, la mancanza di lavoro e l’emigrazione, come mirabilmente espresso dal gruppo di artisti Ledda, Dessì, Putzolu e Arba nella loro opera “Emigrazione è deportazione”.
Infine, si è citato San Sperate, casa del noto artista Pinuccio Sciola il quale, dopo alcuni anni di studio ed esperienza all’estero, rientra in patria portando il vento del cambiamento, non violento, fondato sui valori dell’arte e della società, un cambiamento che riuscì ad attuare chiamando a raccolta tutta la sua comunità, dapprima imbiancando e poi colorando le strade del piccolo borgo agricolo.
I murales che abbelliscono San Sperate ad oggi sono circa 300, in continua crescita con uno sviluppo di stili e soggetti, insieme a numerose sculture disseminate lungo le vie tra le quali è doveroso ricordare le pietre sonanti, sempre del Maestro Pinuccio Sciola, grandi blocchi di pietra geometrici ed enormi monoliti che, grazie al tocco gentile e sapiente, emettono suoni ancestrali e profondi.
Non va dimenticato tuttavia che i murales sono largamente diffusi in tutto il territorio regionale, e meritano certamente una menzione, ed una visita, Fonni, Tinnura, San Gavino per arrivare fino a Palau, da un capo all’altro dell’isola, centri uniti dalla spinta comunicativa del murales, a creare un immenso museo a cielo aperto grande quanto tutta la Sardegna.