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Alla faccia del Natale!

L'analisi del match contro la Salernitana

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Alla faccia del Natale, del “siamo tutti più buoni” e del volemose bene. Nel giorno della vigilia, nel giorno della festa, lo spettacolo più indecente.

Avrei voluto parlare solo del primato ritrovato del Cagliari, mi sarebbe piaciuto poter dichiarare che Nicolò Barella è un predestinato e che giocherà al fianco di Verratti nel centrocampo dell’Italia del futuro. Sarebbe stato bello anche raccontare l’ennesima risposta alle critiche di quell’armadio a sei ante che porta il nome di Cerri sulla maglietta.

Soprattutto, avrei voluto ricordare con un sorriso l’esultanza di un ragazzo di diciannove anni, con un talento puro quanto il suo carattere, allegro e col sangue latino, un giovane che ama festeggiare i suoi gol con un balletto. Gesto evidentemente provocatorio, insolente: infatti è risaputo che Ronaldinho fosse stato preso a bottigliate una marea di volte per quella esultanza, per non parlare di tutte le botte che prese Roger Milla dopo ogni gol celebrato con quel terribile gesto.

Forse la spiegazione è molto semplice: perdere non piace a nessuno, essere più deboli dell’avversario ancor di meno. Ma ciò che può frustrare ancor di più un uomo è il sapere di essere più deboli e non trovare un modo per nascondere questa palese e manifesta inferiorità. Perché alla fine il succo è questo: risolvere extra calcisticamente il calcistico. Un po’ come perdere una gara di corsa ma rivendicare la vittoria per le scarpe più belle.

Sarà forse che, per rimanere in clima di Far West, quando un uomo con Rossi incontra un uomo con Tello, quello con Rossi è un uomo morto; e allora, non potendo competere sul campo, la si butta sulla rissa. Come se nessuno stesse guardando, come se non ci fossero migliaia di persone pronte a prendere esempio da quei comportamenti, come se comportandosi in quel modo i giocatori non stessero scatenando i due minuti di odio del pubblico, per dirla alla Orwell. E allora dall’azione di uno “sportivo” che non sa perdere si scatena la follia collettiva, che trasforma il calcio in corrida e il divertimento in disgusto.

Inutile prendersela col malcapitato arbitro Pairetto, che in una circostanza del genere non ha potuto che espellere Tello per evitare che la partita gli sfuggisse di mano. Immaginiamo se il direttore di gara avesse tenuto in campo il colombiano: si sarebbero susseguite le peggiori scorrettezze, i salernitani avrebbero bersagliato il sudamericano e le sue caviglie sarebbero diventate l’obiettivo della caccia. E quindi sarebbe conseguita una rissa dopo l’altra e si sarebbe smesso di giocare. L’unico modo per tenere un minimo in mano il match era estrarre il rosso per il classe ’96, seppur questa scelta possa risultare ingiusta.

Di sicuro questo match è stato il peggior spot che si potesse fare al calcio, una partita da vietare ai minori (e non solo). Ma alla fine, è quando piove che spunta l’arcobaleno. E infatti in mezzo al caos i rossoblù hanno dimostrato ancora una volta di essere più forti di tutto e tutti, si son ripresi la vetta della classifica e hanno scoperto di poter fare a meno di chiunque. Tutti utili, nessuno indispensabile.

Il primato sotto l’albero regala un sorriso in più a Rastelli in vista dell’importante sfida contro la Pro Vercelli, dove conterà soltanto vincere. E in fondo è questo che vale sempre e comunque, ed è questo che ti fa diventare grande.

E allora oggi voglio chiamare in causa ancora una volta il vecchietto che guardava le partite della squadra del suo paese, quello che usciva dallo stadio col cuscino sotto braccio. Una domenica in campo se le diedero di santa ragione, scoppiò una mega rissa sul rettangolo di gioco ma la sua squadra portò a casa i tre punti. Si parlava più delle botte da orbi che della partita in sé. Fu così che un venditore di sciarpe fuori dallo stadio, incuriosito dalla rissa di cui era venuto a conoscenza, lo fermò e gli chiese di raccontargli cosa fosse successo in campo. Il vecchietto rispose laconicamente: “Abbiamo vinto”. E andò via soddisfatto.

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