E così è successo veramente. Il Cagliari, sette anni dall'ultima volta, è retrocesso in Serie B. Una discesa negli Inferi che parte da lontano, e che non può essere ridotta al pari contro il Venezia, e neanche a questa singola stagione. È un cammino, disastroso, che inizia anni fa, da quando si era deciso di esonerare Rolando Maran, autore di un girone di andata clamoroso, per poi virare su Zenga e salvarsi, ma senza capire cosa non aveva funzionato.
È un cammino che ha visto prima prendere Di Francesco per iniziare un progetto, mai decollato, e poi decidere di puntare tutto su Semplici, che ha portato una salvezza quasi insperata. È un cammino che ha visto esonerare quello stesso Semplici dopo tre giornate, senza molte spiegazioni, con Walter Mazzarri venuto a raccogliere i cocci della panchina, per poi però essere esonerato pure lui, in maniera anche burrascosa, a tre giornate dalla fine. L'ultima vittima sacrificale si chiama Alessando Agostini, che ha dovuto caricarsi sulle spalle, immeritatamente, il peso di anni e anni di fallimenti.
Sei allenatori negli ultimi tre anni, a dimostrazione che il vero problema non è in campo e neanche in panchina, ma più in alto. Questa stagione è stata il riassunto delle precedenti, il risultato di una somma di errori e di scelte sbagliate che sono state giustamente pagate.
A iniziare dal mercato estivo, dove non si è riusciti a trattenere un Radja Nainggolan ancora in grado di fare la differenza, e che con gli infortuni di Rog e Nandez avrebbe fatto molto comodo. Un progetto di squadra non funzionale, fatto di giocatori a fine ciclo e acciaccati, vedi Strootman, che sarebbe dovuto essere il cuore del centrocampo, oppure Godin e Caceres, allontanati poi a gennaio, come se fossero loro il problema. Un progetto slegato da quello della Primavera, con nessuno dei giovani rossoblu, eccetto Carboni, valorizzati in questi anni. Si riparta dai Kourfalidis, dagli Obert e dai Luvumbo per la prossima stagione, e anche da altri, anziché girarli all'Olbia.
Poi arrivano le colpe dei primi protagonisti, i giocatori, che hanno perso tutti insieme. I big hanno deluso più di tutti, ma se non si batte neanche un Venezia retrocesso non può essere responsibilità di uno soltanto. Il Cagliari quest'anno ha sbagliato tutti i match point possibili, non ha imparato dagli errori del girone d'andata e anche al ritorno non ha vinto alcun scontro salvezza.
Neanche quando l'Udinese ha deciso di fare il regalo più grosso della stagione si è riusciti a segnare un gol al Venezia. Quella che è mancata, più di ogni altra cosa, è stata la fame di salvarsi. L'anno scorso c'è stata, quest'anno non si è mai vista. Una squadra impaurita, senza idee, sfilacciata. La rosa non è da retrocessione, ma la mentalità sì. Una Salernitana e uno Spezia molto più operai si sono salvati, un Cagliari infarcito di figurine è andato sotto con 30 punti su 38 partite.
Semplici e Agostini quest'anno sono ingiudicabili, tre partite a testa, cosa si può dire. Mazzarri invece ha avuto grossi limiti, perché anche se per un periodo c'è stata una risalita, le partite decisive non le ha mai vinte. Le sconfitte contro Genoa e Spezia hanno pesato come macigni, ma non solo. Il fatto di non essere riuscito a dare un gioco e un'identità alla squadra, nonostante le difficoltà, non può passare inosservato. Ma come i giocatori, non è lui il vero colpevole.
Forse è un bene retrocedere, da un certo punto di vista, perché può aprire gli occhi a chi ancora non li ha aperti, o forse ha fatto finta di non vedere. Ora cambieranno tante cose, Agostini dovrebbe rimanere, anche Capozucca, invece per molti giocatori si vedrà. Ma se non si cambia qualcosa alla base, magari in Serie A si risale, ma poi si riscende.
Quel che è certo è che uno spettacolo così indegno non dovrà più succedere, perché non si può giocare con il cuore dei tifosi. Perché va bene far quadrare i conti, mettere a posto i bilanci, far crescere il brand, ma poi quelle lacrime a fine partita dei tanti cagliaritani venuti al Penzo ce le ricorderemo per un bel po'. E non esiste sponsor che possa asciugarle.