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Brividi

L'analisi del match contro l'Atalanta

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Nel weekend in cui Blanco e Mahmood strapparono la vittoria più telefonata della storia del Festival il Cagliari portò a casa i tre punti meno probabili del suo campionato e tre tra i meno pronosticabili nella sua storia recente, per presupposti, valori e sviluppo del match.

Quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare, professava e lasciava ai posteri Belushi, e per i rossoblù si era fatto durissimo. Keita ha incastrato la Coppa d'Africa più lunga possibile, col (poco) suo Senegal a prolungare la trasferta sino alla finale (vinta ieri ai rigori contro l'Egitto). Joao Pedro ha beccato la squalifica per somma di ammonizioni proprio nel momento del bisogno, e Pavoletti – per non farsi mancare nulla – ha alzato bandiera bianca a ridosso del match.

Impossibile darle, meglio non prenderle. Mazzarri ha allestito un 4-5-1 tendente al 6-3-1 con i sardi che difendevano uomo contro uomo e lavoravano sulle linee di passaggio, dove l'Atalanta ha faticato. Là davanti, l'uomo del 2022, quel Gaston Pereiro che è tutto meno che un centravanti, che forse è un po' tutto e un po' niente ma a calcio (specie quando in giornata) ci sa giocare come pochi altri nel nostro campionato. Io non credo che l'uruguagio sia destinato a diventare un titolare, né che sia destinato a farne altri dieci da qui a fine campionato. Un po' perché, nella sua sinfonica anarchia, resta uno dei giocatori meno Mazzarrabili possibili. Un po' perché gli altri tre torneranno, e ipotizzare una convivenza è divertente a parole, ma complicato nei fatti. Fatto sta che avere la cartuccia Pereiro da sparare, anche part-time, è un lusso che in zona salvezza fa comodo, anzi comodissimo. Gaston sa segnare, e in un Cagliari che per tutto il girone d'andata ha vissuto di pianeti rotanti attorno a Joao Pedro, sapere di poter contare su un altra firma con qualche gol nelle corde è quantomeno rassicurante. Perché i gol dovranno pur essere segnati da qualcuno. Certo, ma le salvezze – piaccia o non piaccia – si costruiscono soprattutto da dietro. E infatti, intelligentemente e probabilmente per la prima volta negli ultimi anni, per cercare la svolta invernale i rossoblù non hanno toccato l'attacco, ma hanno rivoluzionato la difesa. I risultati sono evidenti: Lovato e Goldaniga non saranno Beckenbauer e Schwarzenbeck, ma sono esattamente ciò che serviva al Cagliari. Due difensori con quarantanove anni in due con un background in A, ma allo stesso tempo tantissimo ancora da dimostrare. Dal loro arrivo i rossoblù non hanno mai subito più di un gol a partita, non proprio un dato irrilevante per chi sta nei bassifondi. I numeri parlano di una squadra che da gennaio ha fatto gli stessi punti di tutto il girone d'andata, di un Cagliari che ha cambiato marcia, che ha ripreso a guardare l'alto e che sta riprovando la nobile sensazione dei brividi.

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