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L'analisi del match contro la Salernitana

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Non è un buon segno. Perché le partite non sono tutte uguali e non sono tutti uguali nemmeno i modi per non vincerle. Per mesi (e tra poco si potrà dire “per anni”) si ripete la nauseabonda filastrocca del Cagliari con l'organico da parte sinistra, della rosa underperformante. Come logica ed inevitabile conseguenza, son saltate teste di allenatori chiamati a gestire navi senza rotta, in mezzo a confusi oceani. Ieri i rossoblù hanno dato l'impressione di essere una squadra forte in totale amnesia, come Charles Barkley col talento strappato dai monstars. Perché le movenze, la gestualità, persino le espressioni del volto, sono di giocatori che non capiscono come possa essere possibile. Se lo chiedeva anche Mazzarri, beccato più volte dalle telecamere completamente assorto in uno stream of consciousness joyciano.

Per andare oltre la siepe, il tecnico ha provato ad andare oltre la sua natura, prendendosi un rischio non necessariamente calcolato e buttando nella mischia Pavoletti senza levare nessuno degli altri due. Il 30 ci ha messo pochissimo a dimostrare che se i palloni finiscono nell'area piccola, ci sono davvero una manciata di giocatori più letali di lui in tutto il campionato, corroborando una volta in più la tesi che possa essere il vero e indiscutibile attaccante da Unipol Domus. Col passare dei minuti il Cagliari si è abbassato, un po' per fisiologia un po' per le energie (più nervose che fisiche) spese per sbloccare una gara che si era fatta parecchio sporca. Altri 10-15 metri li ha ceduti Mazzarri levando Keita e inserendo Deiola, ma in quel frangente era (e tutt'ora è) difficile contestargli una scelta che si chiamava da sola: un po' come quando al Risiko si sacrificava il Kamchatka perché l'obiettivo chiedeva di conquistare l'America del Nord e l'Oceania.

La Salernitana ha preso metri senza nemmeno volerlo, ma difficilmente l'avrebbe riacchiappata senza una palla inattiva. Le idee erano poche e difficilmente incanalabili verso qualcosa di concreto. Il Cagliari ha staccato la spina un attimo troppo presto e, anche se il processo individuale resta una prassi antipatica, la dormita anticipata è tutta di Nahitan Nandez: tante volte l'uruguagio ha ricevuto la lode singola, motivo per cui ci si può concedere un dito puntato. Difficile chiarire se la sua presenza da quasi ex abbia influito su una distrazione effettivamente non da lui, ma ad oggi è anche difficile escluderlo a priori. Di sicuro la sbavatura da matita blu pesa, come peserà la sua assenza tra un mese o poco più. Non è chiaro come l'ultima in classifica possa rinforzarsi e colmare il gap sacrificando il suo uomo più rappresentativo, ma questa è solo una delle tante incognite che i prossimi due mesi si porteranno via.

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