Mettiamola così. Se una eventuale vittoria avesse deciso della sopravvivenza o meno del Cagliari Di Francesco - stordita la Roma col solito cazzotto sonnambulo di Joao Pedro - avrebbe richiamato in panchina Lykogiannis e buttato sul ring Sottil per far suonare la campanella e chiudere l'incontro.
C'è stato un momento, facilmente identificabile e scandito dal rintocco della zuccata del Cholito contro il palo, in cui la Roma è sembrata capirci davvero pochissimo. In quel momento il Cagliari, dopo una partita oggettivamente (al più) normale, ha dato la sensazione di poter strappare il bottino grosso, ma con una minuscola – e quasi impercettibile – sensazione di mancanza. Mancanza di qualcosa, un guizzo, una giocata, una superiorità numerica, nulla che Sottil non potesse dare.
E forse mettendosi una mano sulla coscienza e ragionando con l'infame senno del poi, tornando indietro Di Francesco lo avrebbe fatto. Ma alla quattordicesima di campionato, sul risultato di parità all'Olimpico, per levare un difensore e giocarti l'attaccante – perché di questo si trattava, al netto delle definizioni ibride – devi essere matto o disperato. Il tecnico rossoblù, in effetti, sembra tutto meno che matto e la classifica del Cagliari, per quanto non esattamente un capolavoro d'arte contemporanea, non è nemmeno (o non è ancora) preoccupante.
A preoccupare, caso mai, sono le condizioni di salute di Marko Rog, col suo ginocchio che potrebbe avergli – e per la proprietà transitiva al Cagliari – regalato un natale amarissimo. Solo gli esami strumentali potranno chiarire l'entità del problema del croato, ma è chiaro che, da Pavoletti in poi, in Sardegna certe scene son recentemente note e lo spauracchio aleggia con maggior intensità . In ogni caso è probabile che il k.o. di Rog, qualunque sia la gravità del suo infortuno, convinca la dirigenza rossoblù a fare un'altra chiamata sull'asse Cagliari-Milano-Anversa. Radja Nainggolan ha voglia di indossare il mantello.