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Nainggolan, sicuri non sia un lieto fine?

L'analisi della clamorosa chiusura di mercato rossoblù

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Siamo sempre stati educati al lieto fine, alla poesia del vissero tutti felici e contenti. Il principe bacia sempre la principessa, non si scappa. Ci ho messo un po', ma poi mi son accorto che l'happy ending è una schifezza infernale, una banalata che non funziona mai - o quasi. Certo il finale alternativo lascia l'amaro in bocca, il segno dello schiaffo sulla guancia, ma è proprio da quella cinquina che riparti. Con soddisfazione.

La cinquina rossoblù si chiama Radja Nainggolan, madre fiamminga e padre batak, temperamento da trincea e piede di robinhoodiana memoria, anima sarda (ma senza luppolo) e delusione senza eguali dell'estate 2020 cagliaritana. Il popolo dell'isola ha aspettato per mesi il ritorno a casa del figliol prodigo – il secondo – salvo rimanere (l'ultimo giorno di mercato) coi palloncini e le bandierine appesi, la musica spenta, e Radja a Milano. Tutto molto poco bello, almeno nell'economia del romanzo, ma forse la rinuncia al Nainggolan-ter, per quanto il cuore conosca ragioni che la ragione non conosce, potrebbe non rivelarsi la sciagura che molti configurano. 

Partiamo da un presupposto, doloroso ma difficilmente attaccabile. Il Cagliari, Nainggolan o non Nainggolan, non avrebbe avuto un organico per centrare la qualificazione in Europa. Le milanesi sono tornate squadre di vertice, le romane non hanno mai smesso di esserlo, il Napoli ha già speso il jolly dell'annata no e Juve e Atalanta si giocheranno lo scudetto con l'Inter. Abbiamo nominato solo le squadre sicuramente superiori ai rossoblù, e abbiamo già esaurito le prime sette piazze. Se poi aggiungiamo una Fiorentina rinforzat(issim)a e un Sassuolo all'ultimo stadio della sua evoluzione (che non devono per forza arrivare davanti al Cagliari, ma potrebbero tranquillamente) è chiaro che la parolina con la E inizia a diventare quantomeno utopistica.

Radja avrebbe avuto un senso in un'annata da all-in: giochi il tutto per tutto, spendi la carta Nainggolan e ti giochi l'asso per l'Europa. Un po' quello che i rossoblù stavano facendo nella passata stagione, sfruttando i clamorosi flop di Milan e Napoli; ma ad un anno di distanza, questo tipo di giocata “estrema” perde almeno un po' del senso che oggettivamente poteva avere 300 giorni fa, quando però l'asso te lo andavi a giocare praticamente gratis, sfruttando il buon vicinato con l'Inter e un prestito secco che inneggiava a Santa Claus. Ma Zhang il regalo te lo fa una volta sola perché, mentre i nerazzurri prestano, il cartellino si svaluta, e trattandosi di un 32enne (Joao Mario, verso il quale l'Inter si è mostrata accondiscendente riguardo al prestito allo Sporting, ne ha 27 e il discorso è ben diverso) in scadenza nel 2022, non si poteva non monetizzare per il secondo anno di fila.

E qui viene l'aspetto economico, assolutamente non secondario e decisivo nella malriuscita della trattativa; perché riportare Nainggolan in Sardegna sarebbe stato uno scherzetto da quasi 40 milioni complessivi, tra costo del cartellino (circa 12 milioni) e ingaggio (quadriennale da più di venti milioni lordi). Al termine del contratto, il Cagliari si sarebbe trovato in mano un 36enne con quotazione di mercato azzerata: era dunque necessario svenarsi, nulla di meno, ed ecco perché sino all'ultimo i rossoblù hanno provato quantomeno a non infilare mezzo centesimo nelle tasche dell'Inter (magari con l'escamotage della contropartita tecnica). Valeva la pena prosciugare le risorse per un acquisto che – verosimilmente – non ti avrebbe garantito l'accesso all'Europa?

Nel frattempo il Cagliari ha fiutato l'occasione Ounas, ha virato sull'algerino e lo ha portato in Sardegna, facendo un passo avanti nel breve termine, ma anche nel lungo periodo. A 23 anni l'ex Napoli potrà essere utile nel percorso di crescita che dovrà portare i rossoblù, stavolta sì, a competere per le prime sette piazze nei prossimi anni. Ma soprattutto, con Ounas il Cagliari non consegna soldi “a fondo perduto” ma li spende su un giocatore che tra tre-quattro anni, a ventisette di età, avrà ancora un valore importante e potrà – why not – fruttare anche una corposa plusvalenza. 

Nel frattempo la cinquina sulla guancia se ne sarà andata. E forse il Cagliari (e forse Ounas) avrà già lenito il dolore con qualche carezza.

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