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Un sogno spezzato firmato Maran

Dall'eco della musichetta della Champions all'esonero: la parabola del tecnico

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L'Europa parlava dell'isola e l'isola parlava d'Europa. Il Cagliari espugnava Napoli e lì, tra multe e ammutinamenti, qualcuno si chiedeva chi sedesse sulla panchina di quella squadra che incantava la A. Maranismo, sussurrava qualcun'altro: due tocchi e contropiede, Joao Pedro oltre Ronaldo e Nainggolan coi gradi del generale. Poi Lecce, la smanacciata di Cacciatore e il ring Lapadula-Olsen. Quel giorno qualche muro portante ha rivelato le prime crepe: i sardi hanno capito che non si poteva vivere del solo pilota automatico, che nessun sogno sarebbe stato tanto lungo da resistere in eterno al risveglio. Quel signore lì ha continuato a credere nel suo.

Ha ospitato la Lazio, prima ancora che l'Italia si accorgesse che Simone Inzaghi stesse scrivendo un pezzo di storia del nostro campionato, e ha creduto fermamente di potersela mettere alle spalle. E ce la stava facendo. Poi è successo quel che è successo, e da quel giorno l'incantesimo si è rotto. I sardi si sono dimenticati la parola vittoria ancora di più quella che inizia con la E: sono arrivati sino ad oggi, a tre mesi di distanza, senza più portare a casa tre punti. Nel frattempo la Lazio, schiantata dal Maranismo per 90', volava, spinta dal vento alle spalle che aveva abbandonato il Cagliari traghettato da Caicedo. È il calcio, dove basta un'alitata per invertire la tempesta. 

Il tecnico saluta Cagliari a furor di popolo e nell'esultanza generale. Ma non si dimentichi mai l'autunno più bello del millennio: piaccia o no, firmato Maran.Ci aveva creduto pure lui, a questo piccolo sogno, a questa sovreccitante suggestione chiamata centenario.

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