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Lo straordinario non si giustifica, lo si vive e basta

L'analisi del match contro il Napoli

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C'è un confine sottilissimo che separa lo straordinario dall'ordinario. Un confine che a volte si declina in centimetri e passi mancati, altre in un ragionamento puramente cronologico. Pochissimi centimetri hanno tracciato la sostanziale differenza tra una parata di Meret e un gol di Castro; ancora meno quelli che hanno convertito in legno (o legni, fate un po' voi) i tre punti del Napoli.

Eppure tutto questo sarebbe rimasto opaco ed ideale se Manolas avesse compiuto, come quasi sempre ha fatto nella sua carriera, quel passo in più che separa una bandierina alzata da un San Paolo espugnato. Sono inezie, frazioni spaziali e alle volte temporali. Perché due sconfitte iniziali seguite da tre vittorie consecutive fanno rima con la parola delirio, ma il percorso inverso sarebbe apparso normale, ordinario appunto, se non addirittua tale da richiedere (con assoluta cortesia) la prima testa mozzata.

Ma tant'è, lo straordinario non si giustifica, lo si vive e basta. E oggi Cagliari è giustamente circondata dall'alone di entusiasmo che, inevitabilmente, un successo del genere porta una volta ogni dieci-quindici anni. Tanto più perché il capogiro da sovraeccitazione si fonde inevitabilmente con le vertigini per una classifica che, allo stato dell'arte, vede i rossoblù al quarto posto. Una terrazza con vista che stimola la fantasia, a maggior ragione considerando il prossimo impegno (sulla carta abbordabile) che attende i sardi, l'Hellas in casa.

È in questi momenti che serve stare sulla corda. Bisogna trasformare l'euforia in consapevolezze e trasformare lo straordinario in ordinario: è in questo (idealmente) illogico passaggio che si nascondono le imprese sportive più eclatanti. Ci sono momenti, contesti e situazioni irripetibili: istanti in cui scatta qualcosa nella testa di uno sportivo. Il successo viene catabolizzato e reso quotidianità, ed è in quelle specifiche circostanze che si rivoluziona la retorica di un campionato e la psicologia di una stagione: si inizia a giocare per vincere perché è normale farlo e perché si sa di doverlo e poterlo fare. Se il Cagliari dovesse riuscire in questo non scontato gioco al rialzo-ribasso, anche le parole impronunciabili potrebbero essere dette.

Intanto concludo con due parole, sicuramente pronunciabili, che tanto male non fanno mai: Naithan Nandez.

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