Sono passati ormai tre anni e mezzo da quando il Cagliari conquistò la salvezza con Pulga a colpi di rudi e fangosi 1-0. In quel campionato il leit motiv fu il cross di Pisano e la zuccata di Nenè, tra la poesia e il paradosso.
Più di milleduecento giorni dopo, i rossoblù sono tornati alle vecchie e sane tradizioni. Abbandonate le rincorse illuminate dai fuochi d'artificio, i sardi stanno riscoprendo il gusto per le vittorie sporche, quelle dove la grinta e il cuore sono le lenti graduate della miopia tecnica e atletica.
In questo caso poi una piccola mano l'ha data anche la sorte, con il "vai tu vado io" della difesa dell'Udinese in occasione del gollonzo di Joao Pedro. Sì, Joao, quell'eterno equivoco su due gambe che da anni amletizza allenatori, osservatori, barbieri e baristi. Dove gioca Joao? In principio fu mezzala, ma nel corso degli anni il brasiliano ha fatto di tutto, dall'esterno al trequartista sino a ieri, quando Lopez, pur di non rinunciare (giustamente) al suo efficiente 3-5-2, ha pensato all'unica soluzione per far coesistere modulo e numero 10: schierarlo da seconda punta. L'affare solleva una doppia considerazione: da un lato la logica, la geografia, fa sì che più si avvicina un giocatore alla porta, più possibilità ha di segnare. E infatti il teorema ha trovato il suo quod erat demonstrandum abbastanza in fretta, con il quarto sigillo di Joao Pedro che è valso la vittoria al Cagliari. D'altra parte però, avvicinare un giocatore alla porta significa avvicinarlo anche alla linea di fondo, ergo meno spazio giocabile, ergo meno spazio sulla tela per dipingere. Alla lunga un dieci brasiliano, che unisce tecnica ad anarchia, può risultare soffocato in quella posizione, motivo per cui mi tengo tutta la vita il Joao trequartista. Se il ragionamento però è sulla coesistenza del 3-5-2 col verdeoro, ben venga il tandem con Pavoletti.
Soprattutto perché questo sistema di gioco sembra esaltare i mestieranti, e pure due punti di domanda di agosto come Faragò e Padoin si stanno imponendo come due esclamativi a fine frase.
Per concludere, chi sicuramente ne giova è la difesa, sgravata dai duelli medievali spada-spada che una difesa a quattro comporta. Con i tre dietro si crea sempre una superiorità numerica della retroguardia che rende un minimo più innocuo l'attacco avversario: la mano sul fuoco che con il quartetto oggi De Paul avrebbe fatto vedere i sorci verdi alla difesa sarda. Così non è stato, così è andata.
Con tre punti pesantissimi che lanciano il Cagliari addirittura a quattro lunghezze dall'Europa. Lopez non è un santo e Rastelli non era il male assoluto, ma i meriti dell'uruguaiano, fin qui, sono quelli di aver capito che piuttosto che cercare di fare la carbonara senza uova, tanto valeva cambiare piatto. Ha adattato la pietanza agli ingredienti e non forzato il contrario.
Il risultato sono stati nove punti degli ultimi dodici disponibili. Ora ne mancano venticinque, il conto è partito.

