Il centrocampista del Cagliari, Nicolò Barella, si racconta. Ai microfoni di Sport Week, il talento rossoblu descrive il suo mondo: dalle origini ai primi calci al pallone, passando per la sua vita e le sue emozioni.
Ecco le sue dichiarazioni:
"Sono del quartiere Pirri, papà è un rappresentante di elettrodomestici, mamma faceva la commessa in un negozio di scarpe. Ha smesso per seguire me, il lavoro più gravoso. Com'ero da ragazzo? Vivace, diciamo così. Mi piaceva uscire, divertirmi, non tornare a casa.
Il Ct Rocca che mi paragonava ad una bottiglia di champagne appena stappata? Significa che sono esuberante e non sto mai fermo? Ha ragione. Io sposato a 21 anni? Ho sempre avuto il desiderio di farmi una famiglia, forse perchè ho tanti cugini. Federica era la donna giusta.
Il primo calcio al pallone? A 3 anni e mezzo, alla scuola calcio "Gigi Riva". Ovviamente a quell'età era solo per divertirmi. Uno o due anni dopo mamma mi portò a pallacanestro perchè nella sua famiglia ci hanno giocato tutti, ma in palestra ero l'unico che calciava il pallone contro il muro.
Così tornai alla "Gigi Riva". Lui l'ho conosciuto solo a 17 anni. Disse: ti ho visto giocare, continua così. Trovai la forza di rispondere "grazie". Cosa vuol dire nascere e crescere in un'isola? Vuol dire sentirsi parte di un popolo. E' una sensazione che avverto quando gioco: a spingermi non è solo il tifo, ma la passione di una comunità intera.
Se questo è un peso? E' un orgoglio. Più di altri gioisco delle vittorie e soffro nelle sconfitte. So che la gente vorrebbbe sempre di più da me, ma deve sapere che, anche quando faccio male, ho dato tutto. Posso sbagliare un passaggio, mai l'atteggiamento.
Se la mia partenza può essere considerata un tradimento? Non ho paura di questo, perchè se dovessi andare via non sarà mai per soldi, ma solo per ambizione.
Se i sardi sono diffidenti? Lo siamo all'inizio di un rapporto. Dipende dal fatto che siamo abituati a stare per conto nostro, isolati.
Se i sardi sono orgogliosi? Verissimo. Io sono molto orgoglioso. I tifosi mi rimproverano perchè dicono che in campo sto sempre a borbottare e a lamentarmi.
Ma non lo faccio per capriccio, è che penso di essere nel giusto. Il problema è quando mi lamento con l'arbitro.Se i sardi sono diretti? Vero: non ci facciamo problemi a dire in faccia quello che pensiamo.
Cosa mi dà fastidio nel comportamento di una persona? Falsità e superficialità . Chi sono i miei amici? Quelli che conosco da quando sono nato. E i compagni di squadra: Sau, Ceppitelli, Dessena, Cossu. Hanno figli anche loro e i miei stessi valori.
Quanto mi è servito diventare calciatore nel mio ambiente protetto? Io sono sicuro che resterò quello che sono anche se dovessi andare a giocare altrove.
A me non interessano la Ferrari o il super attico. Mi tolgo i miei sfizi, ma non gioco a calcio per farmi la macchina bella. Ambiente protetto? A cambiarmi in meglio sono stati i 6 mesi a Como, in B, due anni fa.
Quell'esperienza mi servì a capire cosa stavo perdendo, dove avevo sbagliato, perchè mi ritrovavo a lottare per la salvezza invece che per la promozione con la squadra della mia città .
Dove avevo sbagliato allora? Nell'approccio al lavoro. Tutti dicevano che sarebbe stata la stagione della mia consacrazione e l'ho cominciata che non riuscivo a fare un passaggio, tanto - mi dicevo - avrei giocato, comunque. E sono finito in prestito, perchè qua tutti mi vogliono bene ma nessuno mi ha regalato niente.
Il complimento più bello che possa ricevere? Che sono umile e generoso.
Cosa non mi piace del calcio? Le etichette. Se prendo molti "gialli" non vuol dire che sono cattivo. Accetto la critica se vengo ammonito per proteste, non per un fallo di gioco: io voglio vincere e non mi piace togliere la gamba. Non voglio che l'avversario passi.
Che tipo di giocatore sono? Io mi sento mezzala. Da trequartista sono libero di muovermi, ma sono meno utile nella riconquista del pallone. Schierato davanti alla difesa faccio più filtro ma vedo meno la porta avversaria. Il ruolo di mezzala mi permette allo stesso tempo di difendere e inserirmi in attacco.
Se ci sta il paragone con Nainggolan? Ci sta per la comune interpretazione della partita: nessuno dei due molla niente. E ci sta nel modo in cui scivoliamo per recuperare palla. Ma lui ha più forza fisica.
Se è vero che tifo Inter? No. Ho sempre tifato Cagliari, ma in casa mia sono tutti interisti e quindi da bambino ero contento quando l'Inter vinceva.
Il mio campionato preferito? Quello inglese: lì di sicuro non tirano mai via la gamba.
Qualcuno a cui dire grazie? Tanti. Matteoli mi ha portato al Cagliari, Zola mi ha fatto esordire in prima squadra, Festa in campionato... La mia è una storia di sardi".

