Gianfranco Zola, campione indimenticato, il sardo di Oliena mai dimenticato dai tifosi rossoblù ha rilasciato negli scorsi giorni un’intervista a Mario Frongia per La Nuova Sardegna. Ve la proponiamo integralmente.
Gianfranco Zola nella sua Oliena. Feste pasquali in famiglia e due colpi al golf del Pevero. Ricordi e passioni, forti e pulite. Com’è nel suo stile. «Il Cagliari ha battuto il Parma? Sono felice per la salvezza matematica. Per Roberto (Donadoni, ndr) adesso c’è da correre per approdare in Europa». Dalla Sardegna a Londra. Con in mente le sfide del passato. «Ho giocato col Parma a Cagliari. C’erano ancora i dinosauri!» Il Member of British Empire sorride e sfoglia l’almanacco. «La prima volta fu un capolavoro. Finì 4-0, era un periodo opaco, ci contestavano. Al Sant’Elia feci bene, segnai su punizione e diedi le palle gol a Melli e Asprilla. Venivo dal Napoli, passai da trequartista a seconda punta. Feci 18 reti. Quella stagione mi servì per conquistare la nazionale».
Bisoli, che la marcava, disse “Mi ha fatto scoppiare”.
«Mi aspettavano, cercavo di non dare punti di riferimento. Poi, correvo molto, anche per prendere meno botte». L’anno seguente al Sant’Elia andò peggio. «Sì, vinse il Cagliari 2-0. Giocammo male e giù polemiche. Anche perché andammo in ritiro tre giorni prima a Su Gologone. Dissero quel che si dice in questi casi solo in Italia: hanno sottovalutato il Cagliari. Invece, ci sta che perdi anche se la partita la prepari bene. Eravamo in corsa scudetto con Juve e Lazio. Ci criticarono, noi e Scala, per aver perso una chance».
Voltiamo pagina. Dopo le dimissioni dal Watford la danno un po’ ovunque: Tottenham. Man United, Samp e Lazio. Cosa c’è di vero?
«Il Manchester non credo pensi a me. Ci sono stati contatti con la Samp, il Tottenham e, in precedenza, con la Lazio. Mi chiamò Tare, gli dissi che prendevo in considerazione un incontro a patto che avessero chiuso ufficialmente con Reja, galantuomo con cui siamo saliti in A al Cagliari. Mi disse che si era dimesso. Chiamai il mister per dirgli che, visto che mollava, andavo a Roma per saperne di più. Poi, è tornato indietro e non ho mai capito cosa sia successo. L’episodio non mi ha lasciato buone sensazioni. Per il resto, mi fa piacere se si parla del mio lavoro».
Cos’è successo al Watford?
«Come al West Ham, il primo anno è stato fantastico. Poi, varie aspettative non sono andate in porto. So quali sono le cause e dove ho sbagliato. Un allenatore cresce anche dai propri errori. Ma non ho nessun rammarico».
Conosce Napoli e Benitez. Come giudica il suo lavoro?
«Molto positivo. Sta facendo bene ma va premesso che non è tecnico mordi e fuggi. Ha un progetto, un’identità forte e un gioco offensivo molto curato. Benitez mi piace, nonostante mi abbia battuto quando era al Liverpool e io al West Ham, per come vede il calcio».
A Napoli cosa devono aspettarsi?
«Occorre pazienza. Nel calcio, se non si hanno 200 milioni di euro di budget, serve tempo. Devi saper tirar fuori il meglio da quel che hai, chiedere i rinforzi giusti. Ma non parlerei di rivoluzione fallita».
Erano abituati a Mazzarri.
«A Napoli ha fatto benissimo. Ma è l’opposto di Benitez: cura molto la fase difensiva, rappresenta al meglio al scuola italiana. All’Inter Mazzarri ha difficoltà ma è normale in un club in fase di riassestamento tra nuova proprietà, obiettivi e strategie da perfezionare».
La Juve è davvero la più forte?
«Sì. È una spanna anche su Napoli e Roma. Può prendersi l’Europa League e puntare alla Champions».
Come vede Seedorf al Milan?
«Come me al West Ham, è partito dall’alto, senza fare gavetta, in una piazza esigente e di grandi tradizioni. Così facendo si paga dazio ma si cresce e si impara tanto e in fretta. Per conoscenze e patrimonio calcistico, Clarence è indiscutibile. Dipende da come la vive»
Intanto ha ritrovato i gol di Balotelli.
«Mario, con me e Casiraghi, in Under 21 è stato un ragazzo splendido sotto tutti i punti di vista. Va gestito con cura. Ma è ora che si prenda le sue responsabilità. Deve capire che l’integrazione con la squadra parte da lui. Tecnicamente non si discute: in Brasile può essere decisivo».
A proposito di nazionale e mondiali, quali possono essere le sorprese?
«Se parliamo di giovani penso a uno giovanissimo: Pirlo. Andrea sarà decisivo. Poi, dico Verratti: fortissimo. Affettivamente sono legato agli ex under 21: oltre a Balotelli, credo in Giovinco, Giuseppe Rossi, Montolivo. Alla nazionale serve qualità e personalità».
Cellino è sbarcato in Inghilterra. Sensazioni?
«Leeds è una piazza e un club di enormi tradizioni. Vedremo se saprà guidare una Ferrari. Gli faccio un sincero in bocca al lupo».