Massimo Cellino nella notte che lo ha portato all’esonero di Diego Lopez ha voluto rilasciare un’interessante intervista a Fabiano Gaggini dell’Unione Sarda che vi riproponiamo integralmente. Buona lettura.
“Scusi il tono della voce, ma sono stanco, sfatto, sono stato travolto da un uragano”. La mezzanotte è passata da una manciata di minuti, la sconfitta con la Roma è in archivio già da sette ore, il sito ufficiale del Cagliari ha appena comunicato l'esonero di Diego Lopez e il ritorno di Ivo Pulga, sollevato dall'incarico di allenatore in seconda solo due mesi fa e ora addirittura responsabile dello staff tecnico, nel momento più critico e difficile della stagione. Massimo Cellino è il comandante ideale quando le acque sono agitate, ma la nave sta continuando a imbarcare acqua e stavolta rischia di essere travolta dal mare in tempesta. Alle tre sberle di Mattia Destro, si è aggiunta la contestazione dei tifosi, dura, schietta, persino il capitano Daniele Conti non gliel'ha mandata a dire. Non è stata una domenica semplice, insomma, per lui. L'ha vissuta quasi interamente nella sede di viale La Playa, al Sant'Elia è rimasto solo un tempo. “Sin troppo, conoscevo il risultato prima ancora che cominciasse la partita”.
Presidente, o è un veggente o qualcosa non quadra.
“Molto più semplicemente non c'erano i presupposti per come era schierata la squadra e per le scelte di Lopez. Sono nel calcio da ventidue anni, quando ho letto la formazione ho capito che avremmo perso”.
Per questo ha cacciato l'allenatore?
“Non condividevo più le scelte di Lopez da molto tempo ormai. Questa è praticamente un'ammissione di colpe. Ho sbagliato ad affidargli la squadra, è stata una scelta azzardata”.
Eppure l'anno scorso ha conquistato la salvezza tra mille difficoltà.
“Non stava più facendo un lavoro dedicato agli interessi della globalità della società e alla crescita della squadra. Non aveva più l'atteggiamento di chi deve maturare, migliorare e mettersi in discussione. Troppe ingiustizie poi”.
Ingiustizie? In che senso?
“Poca lealtà nel fare le scelte”.
Sino a non troppo tempo fa considerava Lopez come un figlio.
“Se fosse stato mio figlio, lo avrei mandato via molto prima. Invece ho temporeggiato troppo. Sabato sera ho provato in tutti i modi a fargli cambiare idea. E lui: “presidente, io vado per la mia strada, le scelte le faccio io. Se poi perdo, mi dimetto”. Non l'ha fatto e allora l'ho mandato via io. Prima che la situazione precipitasse”.
Pulga è la soluzione a tutti i mali?
“Ho una squadra di giocatori professionali. A sei giornate dalla fine poi non si può ricominciare con un allenatore che non conosce la squadra. È stata la scelta meno traumatica e pericolosa in un momento di emergenza”.
Non ha paura che la situazione ora precipiti davvero?
“La vera paura era che per aver paura di far qualcosa, rimanessi immobile. Sono da due mesi così”.
Lo sfogo di Conti?
“Non l'ho sentito e non lo voglio sentire”.
Qualcuno, però, glielo avrà raccontato per filo e per segno.
“Io non devo dimostrare niente a nessuno e i giocatori devono parlare in campo. Che dimostri pure lui in campo quello che è, le parole lasciamole ai politici”.
Ma questa storia della 500 e della Ferrari?
“Chi ha voglia di manipolare le dichiarazioni di un altro è un disonesto”.
Allora la spieghi meglio lei, in italiano.
“Ero pronto a farmi da parte per il bene del Cagliari, l'avevo quasi venduto agli arabi. Nel frattempo mi è stata prospettata l'occasione di acquistare il Leeds. E siccome non ce la faccio a fare il pensionato a pesca, ho provato a vedere dove potevo arrivare con la mia professionalità. Ho fatto l'esempio di una 500 Abarth, col motore truccato, che in una corsa riesce a competere con Milan, Inter, Juve, pur con risorse basse e possibilità economiche limitate. Sempre al massimo dei giri, però. Per questo prima o poi è costretta a rallentare. Ora con il Leeds ho la possibilità di guidare una macchina più grande riferito alle potenzialità, uno stadio con 35 mila abbonati e la strada in discesa. Una sfida. Per capire se io posso andare oltre i limiti del Cagliari e di Cagliari. Ma non volevo certo mancare di rispetto a qualcuno, semmai sono io quello che si è messo in discussione come pilota”.
Ma il Cagliari lo vende sì o no?
“Lo spero, a prescindere dal Leeds. Non vorrei mai essere io la causa dei mali del Cagliari”.
Gli americani?
“Non li conosco. Leggo che stanno incontrando il sindaco per parlare di stadio, ma io ho incontrato solo una volta un referente italiano. A dir il vero, da oltre un mese non sto più ricevendo nessuno perché in questo momento l'unico obiettivo è quello di portare la barca in porto e non vorrei che nulla e nessuno possa metterla a repentaglio. Ho dato la mia vita al Cagliari e sto continuando a darla, altrimenti non sarei tornato per stare vicino alla squadra e non mi sarei preso le mie responsabilità cambiando l'allenatore”.
Ma si possono gestire bene due club?
“Col mio modo di fare le cose, con sentimento e impegno massimo, no. Se poi lei mi chiedesse chi sceglierei tra Cagliari e Leeds, risponderei Cagliari tutta la vita. Ma sono andato via per dimenticare il Cagliari che il 30 gennaio avevo già venduto”.
E poi che cosa è successo?
“Dopo la partita col Milan mi hanno chiesto di esonerare Lopez e io mi sono rifiutato di farlo, così è saltato tutto, incredibile no?”.
Un po', ma ora vende o non vende?
“Io sono in uscita, chi è interessato si faccia avanti. Ma non scappo, perché io voglio solo il bene del Cagliari. Io non sono andato via, mi hanno mandato via. Mi'nci anti bogau “.