Non un attaccante. Non un centrocampista, non un difensore e nemmeno un portiere. L'uomo più pericoloso del Parma guarda la partita da bordo campo, una stella della panchina. È un signore di nome Roberto Donadoni. Da giocatore dominava la fascia destra, da mister ha dimostrato di essere un vero campione del calcio, giocato e non.
Ha allenato il Lecco, il Livorno, il Genoa, persino la Nazionale (eliminata agli Europei solo ai rigori dalla Spagna degli invincibili). Poi il Napoli, la parentesi a Cagliari e finalmente il Parma, dove Donadoni ha dato il meglio di sé. Il primo anno, da subentrato, il tecnico bergamasco centrò un clamoroso ottavo posto, per poi arrivare decimo l'anno successivo. Il campionato 2013-14 fu un vero exploit. I suoi ducali fecero un'annata pazzesca, esprimendo un gioco spettacolare esaltato dalla velocità di Biabiany e dalla classe infinita di Cassano.
Il Parma centrò un insperato sesto posto, guadagnando l'accesso ai preliminari di Europa League, traguardo nemmeno lontanamente immaginabile a inizio stagione, quando l'obiettivo era "solo" una salvezza tranquilla. Purtroppo gli emiliani non hanno potuto disputare la competizione internazionale sudata sul campo.
Il perché lo conosciamo tutti, i colpevoli pure. E così, da un anno trionfale si è passati al più disastroso della storia del club, con gli stipendi non pagati ed il fallimento della società . Nonostante tutto questo, Roberto Donadoni non ha abbandonato la barca, ci è rimasto sopra e l'ha guidata con onore.
La tremenda situazione societaria non ha permesso al Parma di conquistare una salvezza che, per i valori morali messi in gioco da questa squadra, sarebbe stata meritatissima. Inutili i capolavori dell'ultimo periodo: una vittoria dopo l'altra, coronate dal successo contro la Juve schiacciasassi.
Ora gli emiliani hanno ancora qualche giornata da retrocessi matematicamente, poche giornate in cui vorranno dimostrare quanto vale Parma. Con un solo uomo al comando, Roberto Donadoni.

