Millenovecentotrentasette chilometri separano Cagliari da Watford, ultima città ad accogliere a braccia aperte Nicola Salerno. La distanza, però, non ha rotto il legame tra il direttore sportivo e il Cagliari. Perché Salerno, da due anni in Inghilterra (il primo con Massimo Cellino al Leeds United), ha vissuto, in otto primavere (dal 2003 al 2006, poi dal 2007 al 2008 e infine dal 2013 al 2014), momenti indimenticabili con addosso il rossoblù, tra i quali la promozione in Serie A nel campionato 2003/2004.
Il direttore sportivo del Watford, club della famiglia Pozzo e militante in Premier League, si è raccontato, in esclusiva, ai microfoni del nostro Quotidiano.
Come procede l'esperienza in Inghilterra?
“Tutto bene, esperienza molto positiva. La conoscenza della lingua migliora progressivamente e anche il mercato, vero grosso scoglio”.
Quali sono le differenze tra il calcio italiano e quello inglese?
“La mentalità prima di tutto, meno tatticismo e più fisicità. Poi, in Premier League, ci sono tantissimi top players”.
Massimo Cellino è stato il “suo” presidente sia al Cagliari che al Leeds United. E' cambiato rispetto a quando era il numero del club sardo?
“Nessuna differenza, è stato sempre lo stesso. In Inghilterra, certe volte, non riescono a stare alla sua maniera di fare calcio”.
Seppur da dietro la scrivania, è stato uno dei protagonisti dell'ultima promozione. Quali sono i suoi ricordi di quell'annata?
“Un anno straordinario. Eravamo una squadra stratosferica, composta da grandi calciatori, ma prima ancora da veri uomini. Infatti, negli anni successivi, ci siamo tolti delle soddisfazioni in Serie A. La stagione 2003/2004, più di tutte, è qualcosa di indimenticabile”.
Come si costruisce la vittoria finale della Serie B, lunga e faticosa come quella e come questa che stanno affrontando i rossoblù?
“Con dei grandi giocatori, proprio come otto anni fa. Basti pensare, per esempio, a Storari, elemento di spessore”.
Con la vittoria di Modena, il Cagliari ha ritrovato la vetta. Qual è il suo giudizio sulla stagione fino a qui disputata dalla squadra?
“Basta un aggettivo: straordinaria”.
Se si volesse trovare il pelo nell'uovo, quale sarebbe?
“Nessuno, o forse uno: quello legato all'addio di Cossu, che avrebbe meritato di rimanere all'interno del gruppo e conquistare il ritorno in Serie A”.
Massimo Rastelli, tanto osannato quanto criticato dalla piazza.
“Massimo, con l'Avellino, aveva già dimostrato il proprio valore. E' un grande, la conferma è arrivata quest'anno. Vincere non è mai facile”.
Per la prossima Serie A, ormai imminente, se fosse il direttore sportivo della società su chi punterebbe della rosa attuale e quali reparti andrebbe a rinforzare?
“Non mi sento di dare giudizi su questioni delle quali non sono a conoscenza. Tra l'altro, Capozucca è più vecchio di me, ma non diteglielo sennò mi ammazza! (ride, ndr)”.
Segue ancora il Cagliari?
“Certo, chi mancherebbe! Otto anni son sempre otto anni...”.
Dell'Isola, della città e del popolo, che ricordi ha?
“Il posto è una favola, una meraviglia. Lì ho stretto dei rapporto fantastici e ho tanti amici”.