C’è chi ha provato, nel corso degli ultimi dieci anni, a cambiare quel sistema di gioco che dai tempi dell’attacco stellare con Zola, Esposito e Suazo aveva fatto le fortune del Cagliari. Giampaolo, Ficcadenti, Bisoli, Zeman, chi col 4-4-2, chi col 4-3-3, chi col 4-5-1. Tutti esperimenti non riusciti. E meno male che Ballardini prima e Allegri, Donadoni e il duo Pulga-Lopez poi hanno compreso che la squadra rossoblù, pur cambiando gli interpreti nel corso dei campionati, avesse nel dna il 4-3-1-2.
Massimo Rastelli, dopo una stagione vittoriosa utilizzando la difesa a quattro, il regista con le due mezzali e il trequartista in appoggio delle due punte, ha deciso, in virtù anche delle assenze di Joao Pedro e Barella, di schierare il Cagliari col 3-5-2 contro Spal e Genoa.
Ma se contro la Spal, complice la verve di Borriello, il risultato è stato rotondo (ma si è rischiato tanto a inizio gara), contro il Genoa, in seguito al palo di Giannetti, si sono viste tutte le mancanze di un sistema di gioco che pare proprio non addirsi ai rossoblù.
Difesa in bambola, salvata dall’esperienza di Bruno Alves, centrocampo con interpreti che facevano densità in alcune zone, correndo a vuoto, sbagliando semplici suggerimenti e lasciando sguarnite altre parti, e attacco troppo distante e lasciato al proprio destino: queste sono state le mancanze di un sistema che non ha funzionato.
E se contro una Roma frastornata dalla pesante sconfitta casalinga contro il Porto si deciderà di persistere sulla via del 3-5-2, rinunciando a creare seri pericoli in fase offensiva, le giustificazioni potrebbero non bastare più, in caso di esito non felice.
Ma ci auguriamo che il 4-3-1-2 possa essere rispolverato al più presto e non si rinunci al calcio propositivo, che potrebbe fare le fortune del Cagliari di questa stagione.
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
