Nel calcio, come in qualsiasi altro sport, c’è un elemento psicologico che per gli atleti è fondamentale: il pubblico. Quando ce n’è poco chi scende in campo, al di là delle doti tecniche, può sentirsi demoralizzato e rendere al di sotto delle proprie possibilità ma quando, invece, le tribune sono gremite, l’affetto e il sostegno da parte di tutte quelle persone che sono andate allo stadio a vedere te, e solo te, possono darti una spinta tale da farti fare cose che, in altre condizioni, non avresti potuto fare.
Ed è quello che sta capitando al Cagliari in queste settimane: il Sant’Elia sta tornando ad essere l’antico “fortino” che già in passato aveva garantito ai rossoblù punti, vittorie e traguardi importanti ma negli ultimi anni (parentesi Is Arenas a parte, per non parlare dei mesi a capienza ridotta) è stato veramente difficile vedere tutti i posti (disponibili) dello stadio pieni, a meno che la squadra ospite non fosse una delle “big” della serie A.
Domenica, nonostante la gara fosse all’ora di pranzo di una bella giornata di sole, i tifosi rossoblù sono accorsi a vedere la propria squadra conquistarsi il primato in classifica contro una diretta concorrente, hanno cantato e hanno creato quell’ambiente ideale per aiutare quegli undici in campo a portarsi a casa la vittoria.
Perché, si sa. Vincere aiuta a vincere, ma anche a generare quell’entusiasmo che riporta le persone allo stadio. Perché, in fondo, è bello essere i tifosi della prima in classifica.
È indicativo anche il fatto che lo stadio fosse pieno nella giornata successiva al brusco stop a Pescara, segno che i tifosi ci credono.
E speriamo continuino a crederci.
Perché lo stadio pieno è una gioia per tutti: società, altri tifosi, giocatori ma, soprattutto, incute timore nell’avversario che, se non l’avesse ancora fatto, capisce definitivamente che i tre punti al Sant’Elia bisognerà guadagnarseli fino all’ultima goccia di sudore.