Diego Farias ha alle spalle sei anni di carriera tra i professionisti, sei anni passati a sentirsi ripetere la filastrocca: "Col suo talento sarebbe potuto diventare un fuoriclasse".
Un po' come quando la mamma va ai colloqui del bambino e si sente dire: "Suo figlio è intelligente, ma non si applica".
Quest'anno pare essere l'ennesimo passato senza l'esplosione di Farias, sempre annunciata ma mai arrivata. Eppure quest'anno poteva accadere, le premesse c'erano tutte: un allenatore che l'aveva voluto a tutti i costi, Zeman ovviamente, ed un precampionato davvero incoraggiante. Poi un inizio così così, il brasiliano viene bersagliato dalla critica per i troppi errori sotto porta. Inutile la parentesi di fuoco di qualche settimana in cui pare esser diventato un'ira di Dio come a miracol mostrare.
Con Zola, Diego cade addirittura nel dimenticatoio, rimanendo fuori dai giochi anche a causa di un modulo che non prevede ali come lui. Poi il match col Verona, partita in cui, forse come mossa della disperazione, Farias ha la sua chance, attesa in silenzio e con il sorriso, senza mai protestare.
Entra e, come indemoniato, spacca la partita: accelerazioni, dribbling, cross, ed una voglia matta di far ricredere chiunque, di dimostrare che Diego Farias non è un bidone, anzi.
Del resto, domenica dall'altra parte giocava un signor Luca Toni, uno dei più grandi bomber del calcio italiano.
Ecco, Toni ha esordito in serie A a 23 anni ed è esploso a quasi 30. Per questo Diego, 24 anni, può ancora farcela, può ancora essere ciò che avrebbe potuto essere.
D'altronde spesso, quando arrivi in ritardo, è solo perché hai perso tempo a prendere la rincorsa.

