Di sicuro Nicola Murru non può esser stato contento dell’ammonizione ad Avelar di mercoledì, è pur sempre un suo compagno di squadra. Diciamo che l’ha presa con filosofia. Perché il giallo al brasiliano, con conseguente squalifica di un turno, gli ha dato la possibilità di essere titolare ieri con la Lazio. “Carpe diem”, diceva Robin Williams riprendendo Orazio. Cogli il giorno, l’attimo. Quell’attimo è passato, Murru non ha dimostrato di valere il collega sudamericano. Complice della sua prestazione negativa il generale appannamento della squadra, ma dal terzino sardo ci si aspettava di più. La buon volontà c’era tutta, con diversi inserimenti e tanto movimento, ma nulla di concreto. Nella ripresa è leggermente cresciuto come tutta la squadra, senza però dare l’impressione di poter essere determinante, come invece sa fare Avelar. La differenza tra i due sta nel fatto che Zeman non vuole solo un terzino, vuole un’ala, un giocatore che partecipi alla manovra offensiva e ne sia un punto cardine, che collabori allo stritolamento degli avversari. Murru è tanto bravo in fase difensiva, non si discute tecnicamente ed è pronto fisicamente, ma Zemanlandia non è ancora entrata dentro di lui. È più difensore, più “normale”. Avelar è molto meno standard, è Zemaniano, attacca, spinge, non ha freni. Proprio questo è mancato ieri sera a Nicola: la voglia, o l’occasione, di dire la sua prepotentemente, di spaccare la gara, di fare l’ala pur essendo iscritto all’anagrafe come terzino.