Dopo le infinite polemiche, le voci e i comprensibili malumori che negli ultimi tempi hanno accompagnato la squadra rossoblù, è arrivata puntuale la doverosa reazione del Cagliari Calcio, il quale ha deciso di “chiudersi a riccio” a difesa del proprio allenatore e del suo staff.
I motivi sono molteplici e basati su valutazioni tecnico-economiche decisamente fondate che cercheremo di analizzare in questo articolo. Valutazioni che affondano le proprie radici soprattutto sul fatto che la squadra, ad oggi, non abbia manifestato la volontà di separarsi dal tecnico o segni di insofferenza di alcun tipo. Ma andiamo con ordine.
FIDUCIA DELLA SOCIETA’ - Maran ha incassato pubblicamente e privatamente la fiducia del club e di chi lo gestisce. Il Presidente Giulini e il DS Carli nutrono una profonda stima nei confronti dell’allenatore e sono convinti che attualmente non sia possibile trovare di meglio sul mercato, ovviamente in proporzione alle risorse a disposizione della società. A dimostrarlo ci sono delle chiarissime dichiarazioni datate 22 novembre, quando le cose in Campionato andavano bene, pronunciate dal già nominato Marcello Carli: “Dell’allenatore parlo mal volentieri, ho paura che me lo portino via. La sua qualità si è vista già lo scorso anno, quando ha tirato fuori il massimo nel momento complicato. Gli allenatori bravi risolvono i problemi e lui sa farlo”. Soprattutto l'ultima frase si commenta da sola, non serve aggiungere altro sull’argomento.
FIDUCIA DELLA SQUADRA - Come anticipato qualche riga più su, la squadra è assolutamente dalla parte di Rolando Maran. I giocatori adorano lavorare con lui e non hanno mostrato alcun segnale di insofferenza nei confronti dei suoi metodi di allenamento e gestione. Inoltre il gruppo crede fermamente di poter tornare a raggiungere il livello di gioco espresso nella prima parte dell’annata, gioco che Maran ha indiscutibilmente contribuito a creare.
FATTORE PSICOLOGICO - Sia Maran che altri protagonisti del Cagliari come Joao Pedro e Ceppitelli hanno etichettato la disastrosa crisi di risultati alla voce “crollo mentale”. In poche parole non pensano che il problema della squadra risieda nelle gambe ma bensì nella testa dei calciatori. Il blocco non è concreto ma è piuttosto qualcosa di astratto. La sensazione è che nell’ambiente non ci sia serenità e che al momento perdere aiuti a perdere. In questi casi cambiare allenatore serve a ben poco se prima non si capiscono e si affrontano le criticità che impediscono agli attori principali di rendere al meglio quando si passa dalla sala prove, cioè Asseminello, al grande palcoscenico.
CHI, PER QUANTO E PER COSA? - Partendo dal presupposto che esonerare Maran, alla luce di quanto detto finora, sarebbe un fallimento per il Cagliari inteso come quadri dirigenti, la domanda va comunque posta. Nel malaugurato caso che si arrivasse all’extrema ratio dell’allontanamento, cosa attualmente impossibile, chi si potrebbe ingaggiare in sua sostituzione? E a quel punto, per quanto tempo? E per fare cosa? E’ cristallino che andrebbe preso un tecnico con contratto a breve termine (magari con un'opzione di rinnovo) in grado di lavorare senza stravolgere tutto, primo perché la stagione sta per entrare nel vivo e il tempo per gli esperimenti non c’è, secondo perché i giocatori sono quelli e non si potrà intervenire sul mercato fino al prossimo anno. Per di più le possibilità economiche del club escludono grandi investimenti, perciò anche i mirabolanti nomi che circolano nel passaparola della tifoseria sono, a meno di clamorosi risvolti, da escludere.
COSA RESTA? - Poco. Certo, qualche profilo adatto con un po’ di buona volontà si potrebbe trovare, ma nel calcio come nella vita alle volte è più conveniente cercare di migliorare quello che già si ha, piuttosto che ostinarsi a voler cambiare a tutti i costi inseguendo miraggi illusori. Cambiare tanto per cambiare non ha alcun senso perché “chi lascia la vecchia strada per quella nuova, sa quello che lascia ma non sa quello che trova”.

