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Il Tempio di Antas, dall’antico culto delle acque al Sardus Pater Babai

Alla scoperta dell’area nuragica sacra cara anche ai punici e ai romani, e della grandiosa prigione di Su Mannau

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Tra i rilievi dell’iglesiente, nella quieta valle dominata dal monte Conca S’Omu, un prato profumato da margherite e cespugli di rosmarino svela agli occhi umani un’area archeologica antica e spettacolare: il Tempio di Antas.

Si tratta di un tempio punico-romano dedicato all’adorazione del dio dei sardi Sardus Pater Babai, per i cartaginesi Sid Addir e già continuazione del più antico culto nuragico delle acque e della natura.

Delle acque e della natura certo, poiché una rapida occhiata ad una qualsiasi cartina geografica della zona rivela la presenza, nel raggio di pochi Km, di alcune cave calcaree e di interessanti giacimenti di piombo e ferro che attirarono le popolazioni fin dall’ epoca nuragica, ma anche delle spettacolari grotte di Su Mannau dove, secondo un’antica leggenda, si narra sia stato intrappolato il mostro denominato appunto Su Mannau le cui lacrime di disperazione abbiano creato ed alimentato fino ad ora il fiume che approvvigiona Fluminimaggiore.

 Il monumento attualmente visibile è quello risalente all’epoca romana, costruito per volere dell’imperatore Augusto sull’area del precedente tempio punico, e ristrutturato sotto Caracalla intorno al 217 d.C., e scoperto dal generale La Marmora (già incontrato alla scoperta della Grotta della Vipera) nel 1836.

Per la costruzione del tempio fu impiegata la pietra calcarea locale, e attualmente restano visibili la gradinata d’accesso ed un podio abbellito da colonne perfettamente allineate alte circa otto metri.

Il pavimento era rivestito da mosaici bianchi, in parte ancora visibili, con la cella, il sancta sanctorum del tempio, profonda ben undici metri e accessibile dai lati; inoltre si trovano due vasche quadrate che dovevano contenere le acque per i riti di purificazione. 

Tutt’intorno si trovano i resti dell’antico insediamento nuragico e dei santuari dedicati al dio punico Sid Addir, guerriero e cacciatore, ed il suo corrispettivo sardo Sardus Pater Babai, citato anche nell’epigrafe sul frontone “Imperatori Caesari M. Aurelio Antonino. Augusto Pio Felici templum dei Sardi Patris Babi vetustate conlapsum (…)  (tr.: in onore dell’imperatore Marco Aurelio Antonino Augusto, Pio Felice, il tempio del dio Sardus Pater Babi rovinato per l’antichità …) in pratica un riconoscimento romano del preesistente dio sardo, la cui statua era probabilmente custodita all’interno del tempio stesso.

In una tomba a pozzo a poche decine di metri dal tempio, fu rinvenuto un bronzetto raffigurante una divinità maschile nuda, che impugnava una lancia con la mano sinistra, e la mano destra alzata in segno “benedicente”. In questa statuina è facile ritrovare il dio punico Sid Addir, ad ulteriore riprova dei percorsi storici del tempio e della sua area circostante dove furono rinvenuti anche numerosi ex voto, a testimonianza dell’importanza del tempio durante tutte le sue fasi storiche comprese le numerose lucerne all’interno delle grotte Su Mannau, una delle dieci grotte più belle d’Italia secondo il Touring club.

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