Il sanguinoso goal di Caicedo a tempo oramai scaduto ha sollevato un grande polverone mediatico e emotivo.
Quando la nube però verrà diradata dalla giusta lucidità , non sarà possibile esimersi dall’effettuare un’analisi su quanto accaduto nel rettangolo di gioco.
Il Cagliari ha senza dubbio tenuto testa per gran parte del match ad una formazione, la Lazio, ci si consenta, più attrezzata. Forte di un pressing spasmodico ma preciso, Maran ha sapientemente imbrigliato le fonti di gioco del collega Inzaghi.
Un dispendio energetico che alla lunga ha logorato fisico e mente della truppa rossoblù. Una sensazione evidente, palpabile, recepita inevitabilmente anche dagli avversari.
Forte di una condizione fisica migliore dato il dispendio ridotto nella prima frazione di gioco, l’estro laziale è rinsavito, dando nuova linfa a quel fraseggio che alimenta Immobile e tutto quello che attorno a lui può scaturire.
Gli errori fatali di Faragò e Simeone hanno frustrato e mortificato poi le velleità di una squadra, fino a quel momento brava e fortunata nel mantenere la porta inviolata.
La mancanza di cambi in grado di mantenere dello stesso livello attenzione e agonismo hanno fatto il resto, offrendo il fianco prima a Luis Alberto e poi all’incornata ampiamente contesta di Caicedo.
Un finale amaro, difficile da accettare, che tuttavia offre più di un argomento valido circa la bontà del lavoro svolto della rosa rossoblù. Un collettivo ferito che saprà riprendersi con gli interessi quanto perso con la squadra biancoceleste, l’unica che prova a far paura a Inter e Juventus.