Il Cagliari si è presentato al via del campionato con una progetto ambizioso ed importante, tanto da riuscire ad attrarre giocatori del calibro di Bruno Alves, Borriello, Isla e Padoin.
La stagione del ritorno in A, che avrebbe rappresentato la base di partenza idonea al fine di costruire un futuro che, passando dal nuovo stadio si preannuncia intrigante, si sta rivelando estremamente particolare ed indubbiamente altalenante. Preziose vittorie fanno il paio con brucianti sconfitte, caratterizzate da passivi pesanti e prestazioni a dir poco sconcertanti.
Quella con il Napoli è l’ultima di una serie di débâcle che identificano il Cagliari, come una formazione incapace di porre qualsiasi freno all’iniziativa avversaria. Infatti come accaduto in occasione delle sfide con Juventus, Fiorentina, Torino e Lazio, anche con la squadra guidata magistralmente da Sarri, il Cagliari non è di fatto sceso in campo, subendo per l’intera partita l’iniziativa azzurra.
Ciò che stupisce è rappresentato dalla totale ed evidente mancanza di provare, non tanto a limitare il passivo, quanto ad abbozzare un minimo di reazione supportata da un sussulto d’orgoglio.
Discorsi e considerazioni che poco hanno a che fare con modulo o specificità tecniche derivanti dai singoli interpreti, piuttosto conseguenti ad una evidente mancanza di fame e supportati da una voglia di accontentarsi di quanto già raggiunto in classifica. Tesi sorrette da ciò che accade nel terreno di gioco, dove tale atteggiamento se perdurante, impedirà qualsiasi possibilità di raggiungere qualcosa di diverso e più allettante di una salvezza.
Il Cagliari ha come obiettivo la salvezza, che attraverso il rendimento complessivo mostrato sinora non faticherà ad agguantare; tuttavia rimane un forte rammarico per il modo in cui verrà raggiunta e a fronte di una rosa che giustifica pretese differenti.