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Pepe Herrera: il "dottore" tutto cuore e polmoni

Ripercorriamo l’esperienza in rossoblù dell’ex calciatore uruguagio

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Quando ai tifosi del Cagliari si chiede se si ricordino di Pepe Herrera, questi non possono che fare un grande sorriso. Perchè quell’uruguagio, grintoso e dotato di ottima tecnica, ha lasciato ricordi indelebili nei loro cuori.

La firma di Pepe Herrera sul contratto che l’avrebbe legato al Cagliari avvenne a Maiano del Friuli, nei dintorni di Udine. La “Celeste” aveva pareggiato 0-0 contro la Spagna al suo debutto ai Mondiali di Italia '90, poi perso tre a uno contro il Belgio. Per passare agli ottavi era obbligatoria la vittoria contro la Corea del Sud, che sarebbe arrivata attraverso un'incornata del neo rossoblù Daniel Fonseca.

L'incontro risolutivo fra gli emissari del Penarol e Ninnino e Tonino Orrù con Carmine Longo sarebbe dovuto avvenire pochi giorni prima a Veronello, ma la dirigenza rossoblù optò per un lieve rinvio, onde evitare di urtare il ritiro uruguagio. “Adesso sono felice e capisco cosa ha provato Fonseca dopo la firma col Cagliari”, sussurrò Pepe ai cronisti sardi, pur correndo il rischio di eludere il perentorio veto che imponeva di non parlare alla stampa. “Il richiamo di Cagliari è stato troppo allettante per lasciarsi sfuggire l'occasione, in Italia si gioca il miglior calcio del mondo”, proseguì il mediano. Nel 1990 Herrera aveva 25 anni, era sposato con Elena e padre di Claudio, bimbo di allora due anni (la secondogenita sarebbe giunta successivamente) e gli mancavano pochi mesi per il conseguimento della Laurea in Medicina.

Il centrocampista atterrò a Elmas un mese dopo la firma del contratto - il 20 luglio - con un volo Montevideo-Buenos Aires-Roma, nel quale viaggiò insieme a Fonseca. “Tre companerõs juntos saranno molto utili per ambientarsi presto”, dichiarò all'aeroporto il sudamericano.

Nei cinque campionati in rossoblù totalizzò tredici centri, discreto bottino per un centrocampista di interdizione, sovente arretrato in posizione di stopper. La sua vittima prediletta fu la Lazio, a cui inflisse due marcature; è rimasta nella storia anche la sua bordata all’"Atleti Azzurri d’Italia" con la quale il Cagliari violò Bergamo nel '91, a tutt'oggi l'ultima volta.

Ci sapeva fare anche dal dischetto Pepe: tra i rigori calciati col Cagliari è da citare quello contro la Fiorentina, erroneamente assegnato per un contatto Toldo/Oliveira, in realtà da non punire. Con la Celeste invece, realizzò il terzo calcio di rigore della serie - dopo che Francescoli trasformò il primo - nella finale della Coppa America ’95 contro il Brasile, vinta proprio dall’Uruguay.

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