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Sulky, la fiorente cittadina fenicia esempio di integrazione tra popoli e commercio

Dalle domus de Janas allo stato di Municipium romano, dal Tofet alla necropoli fino alle catacombe cristiane

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Sulky fu un insediamento prenuragico e nuragico sorto nella penisola di Sant’Antioco, nella provincia del Sud Sardegna, in una posizione geografica di tutto rilievo e decisamente allettante per numerose motivazioni. 

Il sito che dapprima sorge come insediamento prenuragico, testimoniato dalle pregevoli domus de Janas di Is Pruinis e i resti dell’abitato rilevati dagli studiosi che consentono di datarne la fondazione al periodo della cosiddetta “Cultura di Ozieri” risalente addirittura al III millennio a.C., venne successivamente abitato anche dalle popolazioni nuragiche durante l’età del Bronzo risalente cioè ad un periodo che va dal 3400 a.C. al 1100 a.C. circa.

Ma è proprio grazie alla sua posizione geografica che il sito suscitò rapidamente l’interesse delle popolazioni di commercianti e navigatori, come ad esempio i fenici che giunsero in questa parte dell’isola riuscendo ad interagire in maniera totalmente pacifica con le popolazioni preesistenti, trasformando l’area da centro nuragico a importante centro fenicio, il primo nell’isola, particolarmente attivo negli scambi commerciali nel Mediterraneo.

E proprio grazie alla popolazione fenicia si deve il nome del sito, Sulky o Sulci (nome formato dalle quattro consonanti della lingua fenicia Samek, Lamed, Kaf e Yod) che diventerà, per estensione, il nome dell’intera area sudoccidentale dell’isola tutt’oggi conosciuta come Sulcis.

I commerci della popolazione fenicia erano frenetici e coprivano un’area importante del bacino del Mediterraneo spaziando dalla penisola iberica al Nord Africa, dalla Grecia fino all’Etruria, in un fitto scambio di merci ma anche di culture.

Sulky, considerato il periodo, era un centro di tutto rispetto occupando un’area di circa dodici ettari del versante orientale della collina, diradando verso il mare, lasciando la sommità della stessa collina alla preesistente popolazione nuragica.

All’epoca, secondo gli studi più recenti, è certo che Sulky fosse il maggior centro dell’isola e probabilmente, se non il più grande, ma certamente fra i maggiori siti abitati dell’intera penisola italiana.

In questa cittadina fiorente, grazie proprio agli scambi commerciali e culturali operati dai fenici, vi abitavano popolazioni native sarde insieme agli stessi fenici ma anche certamente cartaginesi, provenienti dalla colonia nordafricana di Cartagine, come testimoniato dai numerosi reperti, in particolare ceramiche e suppellettili varie.

Di particolare interesse, risalente al periodo fenicio, abbiamo l’imponente necropoli datata tra V e fine III secolo a.C. che si estende per circa sei ettari, con ipogei molto estesi di circa quaranta metri quadrati. Secondo gli studiosi si pensa che gli ipogei fossero circa millecinquecento il che fa desumere che la popolazione si attestasse sui circa diecimila abitanti stabili.  Le tombe erano composte da un corridoio di ingresso a gradoni seguito da un pianerottolo ed una camera sepolcrale, in alcune occasioni anche su più livelli. 

Rilevante anche il tofet, simbolo tipico dei santuari fenici, dove venivano cremati e sepolti nelle urne i resti umani, anche dei bambini, che venivano poi deposte in anfratti rocciosi, talvolta con steli commemorative a corredo.

A partire dal 520 a.C. circa, Sulky passò nelle mani dei cartaginesi entrando tuttavia in crisi, e perdendo parte della sua centralità commerciale, senza però mai cadere nell’oblio poiché le enormi ricchezze del territorio, in particolare per le miniere di argento e ferro, e la presenza di un porto strutturato hanno sempre mantenuto il sito in vita.

I cartaginesi operarono interventi anche a livello urbanistico, andando a modificare l’impianto originario della cittadina, come ad esempio nell’originaria area abitativa dove impiantarono laboratori e officine per la lavorazione del pescato e dei metalli, modifiche che tuttavia sono state cancellate dal successivo intervento di epoca romana che ha nuovamente stravolto l’impianto della cittadina.

Il periodo romano si caratterizza in primis per un massiccio intervento di immigrazione volta soprattutto allo sfruttamento delle materie prime presenti nell’isola e di conseguenza anche ad importanti fenomeni di integrazione con le popolazioni locali, la romanizzazione tipica dell’epoca, ma anche ad imponenti interventi urbanistici alla maniera dei romani.

La storia ricorda che fu proprio Sulci ad offrire uomini e vettovaglie a Pompeo durante l’opposizione a Cesare; quest’ultimo, infatti, una volta definitivamente sconfitti i seguaci di Pompeo nel 46 a.C. decide di sbarcare a Karales (l’attuale Cagliari) e impone ai sulcitani una ingente multa come punizione per il sostegno al suo oppositore. 

Per valutare l’importanza di Sulci va tuttavia precisato che tale provvedimento sembra non avere sortito particolari sofferenze alla cittadina o alla popolazione che venne poi elevata al rango di Municipium dall’imperatore Claudio.

Comune a tutte le culture rilevanti nell’area è l’occupazione e l’utilizzo dell’area sepolcrale, dapprima fenicia poi punica e infine romana quando, specie in epoca cristiana divenne un cimitero di catacombe; proprio quest’area ha regalato numerose e importanti testimonianze di questi popoli che ora è possibile ammirare al Museo archeologico di Sant’Antioco “Ferruccio Barreca”, dedicato proprio all’archeologo noto per i suo studi e tra i più attivi nell’area nell’ambito dell’archeologia fenicio-punica nell’isola. 

 

Progetto promosso dalla Regione Sardegna, Assessorato al Turismo

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