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Cous cous, fainò e tonno, la genuina bontà della cucina tabarchina

Carloforte, dagli esuli di Pagli a Tabarka, un lungo filo rosso di popoli e culture

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Fabrizio Caramagna, noto scrittore e aforista, scrive: “Sapori che ricordano odori. Che riportano a luoghi. La magia di certi piatti”. Ed in effetti, ciascuno di noi sulla base del proprio vissuto, è capace di tornare a momenti e luoghi lontani anche solamente sulla base di odori o sapori.

Profumi e aromi che hanno il grande potere di riportar indietro nel tempo o a miglia di distanza, al solo ricordo di un alimento o un piatto dell’infanzia o legato ad una persona cara. Nella maggior parte dei casi si tratta in genere di piatti o comunque di una cucina semplice e famigliare, ma indiscutibilmente buona, genuina, sincera.

Tra questi piatti di famiglia, genuini e popolari possiamo certamente annoverare il cous cous, preparato in mille varianti e modalità, con verdure, carne o pesce, con condimento speziato più o meno a piacere, un arcobaleno di colori e gusto che evocano già da soli la cultura di un popolo.

In questo caso andiamo a U pàize, il paese tabarchino che tutti conoscono come Carloforte, splendido borgo di circa seimila abitanti del sud Sardegna.

Parlare di Carloforte significa parlare dell’isola di San Pietro e delle isole minori che lo circondano, incastonate circa a dieci chilometri dalla costa sud-occidentale sarda, che costituisce, insieme all’isola di Sant’Antioco ed una costellazione di isolotti minori, quello che viene conosciuto come l’Arcipelago del Sulcis.

Carloforte è un’isola linguistica ligure in quanto questa terra fu concessa dal Re Carlo Emanuele III in colonizzazione, dopo secoli di abbandono, ad esuli genovesi di Pegli, di rientro dall’isola tunisina di Tabarka nel 1738.

I nuovi abitanti dell’antica isola degli Sparvieri, a ricordo ed in ringraziamento dedicarono al sovrano, sul lungomare, un monumento o per meglio precisare un gruppo marmoreo composto da tre elementi datato 1876, esprimendo una dedica al sovrano anche nel nome del nuovo centro abitato sull’isola, Carloforte.

Tuttora Carloforte è strettamente legata a Pegli e Genova, anche dal punto di vista architettonico con le sue viuzze, i vicoli, la lingua.

Dalla cultura tabarkina poi, Carloforte ha ereditato anche ovviamente la cultura gastronomica tanto che gli esperti corallari di Pegli divennero abilissimi nella pesca e lavorazione dei tonni, che transitano lungo le coste dell’isola tra maggio e giugno nella loro rotta che dall’Oceano Atlantico li porta verso le acque più temperate del Mediterraneo.

Un viaggio gastronomico ideale, nel mondo della tavola tabarkina, genuina e sincera, deve indiscutibilmente tenere conto delle grandi influenze che la hanno prodotta, a partire da quella ligure, dalla quale ha mantenuto ad esempio il pesto, la panissa, la fainè ma anche di quella tunisina dalla quale invece ha mantenuto ad esempio il cous cous, chiamato semplicemente cascà.

Tutto questo però viene reinterpretato alla luce di quello che è, a pineo titolo, il re incontrastato della cucina dell’isola di San Pietro: il tonno.

La tradizione culinaria dell’isola non può che partire dal piatto tipico per eccellenza, ossia il cascà, nient’altro che la versione locale del cous cous tunisino, ma con la rivisitazione ligure inevitabile. Un piatto che, nella sua semplicità e genuinità, rappresenta da solo la storia del popolo che lo esprime, un ipotetico filo rosso che unisce la storia di un popolo nei suoi spostamenti da Pegli a Tabarka per finire sull’isola.

Piccoli granelli di semola e acqua, lavorati in modo semplice ma sapiente cin movimenti circolari, una sorta di massaggio eseguito con un filo d’olio e con un mix di spezie, come dalla cultura africana.

Una volta pronto, il cous cous viene sottoposto a lunga cottura al vapore unitamente alle verdure poiché, a differenza di quello africano, a Carloforte questo piatto è generalmente vegetariano, ma nella sua versione con il tonno e verdure riacquista la dimensione della tipica zuppa tabarchina, tanto cara agli esuli di Carloforte.

Il cascà è Carloforte, tanto che viene celebrato con una festa, una sagra che si tiene ad aprile durante la quale è possibile partecipare ai vari laboratori di cucina, deliziandosi tuttavia tra i vari stand per le degustazioni, accompagnati da spettacoli e musica.

Altro piatto immancabile della cucina carlofortina sono poi i Cassulli, una pasta fresca molto simile ai malloreddus ma più grossi che vengono conditi con un semplice sugo di pomodoro e l’immancabile pesto, ma spesso accompagnati anche da sfilacci di tonno.

Tra i prodotti da forno risulta impossibile non citare la farinata, o fainò alla carlofortina, sempre di derivazione ligure, con la differenza che nella versione isolana oltre alla farina di ceci si è soliti usare anche altri ingredienti come cipolle o salsiccia, ed una generosa spolverata di pepe.

Sempre di tradizione ligure è l’immancabile focaccia, oggi consumata anche per accompagnare la “bobba” (una sorta di zuppa di verdure cremosa grazie all’aggiunta di purè di fave secche) oppure semplicemente tagliato semplicemente a quadrotti come crostini.

Capitolo a parte va poi dedicato al tonno, l’inconfondibile tonno rosso, prodotto di altissima qualità catturato e lavorato nelle tonnare tra aprile e giugno; viene chiamato comunemente “tonno di corsa” poiché pescato durante la migrazione verso le acque del Mediterraneo, quando le sue carni sono più grasse e gustose.

 

Progetto promosso dalla Regione Sardegna, Assessorato al Turismo

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