Non poteva finire così. Non se sei un eroe, non se sei Gianfranco Zola. L'ultimo ricordo di Magic Box nella mente dei tifosi rossoblù non poteva essere una sconfitta, un esonero, quell'addio amaro che non poteva comunque intaccare un mito, un monumento, di quelli che racconti ai nipoti, di quelli che saranno sempre un esempio per tutti.
E così un giorno di Aprile il gentleman sardo dimostrò ancora una volta quanto possa valere l'amore per una terra, per dei colori, in un calcio di banconote e scommesse, di procuratori e truffatori.
Lo fece così, senza dire nulla, in silenzio, come solo quelli come lui sanno fare. Riprese il suo cappello da Lord Inglese e lo posò sulla sua testa, Sir Gianfranco from Oliena, compì un gesto che forse nessuno farebbe, ma lui sì: la rinuncia alle prossime mensilità, la rescissione del contratto. Non pretese gli applausi, non lo fece per ruffianeria, lo fece per amore.
Come dodici anni fa, quando lui, uno dei numeri 10 più forti del calcio italiano, accettò di scendere in B. La sua carriera sarebbe potuta tranquillamente finire lì e sarebbe stato ricordato comunque come un fuoriclasse. Ma Zola doveva prima togliersi un sassolino dalla scarpa, doveva prima mettersi il cuore in pace. Prima di chiudere, c'era un'ultima cosa da fare: riportare la sua terra in A, tra i grandi.
Magic Box non è più allenatore del Cagliari da quasi un mese ormai, quando fu esonerato dopo un incarico davvero breve. Sarebbe potuta finire così pure stavolta, secondo logica, con Zola che se ne sta in disparte e si prende il suo stipendio sino a Giugno.
Ma poi c'è l'amore, poi c'è chi ha bisogno di rinfrescare la memoria e ricordarsi che uomo sia questo gigante di 168 centimetri. Ed allora lui ha guardato verso il suo piede, quello con cui aveva regalato spettacolo in campo e incantato l'Inghilterra come la Sardegna e il mondo intero. Ha preso la scarpa e ci ha guardato dentro: c'era ancora un sassolino. L'ha tirato fuori ed ha sorriso.
Ha preso il suo cappello e se l'è messo in testa. Poi se n'è andato, in silenzio, ancora una volta, con la giacca pulita, i pantaloni con la piega e la camicia stirata. Una camicia che nascondeva al suo interno una maglia rossoblù. Numero 10, ovviamente.