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Silenzio, crudeltà e quel maledetto pezzo di terreno

Il pari con l'Empoli tra beffa e disperazione

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Minuto 93, mancano pochi secondi al fischio finale. Tutti tengono gli occhi puntati sul campo, l’Empoli ha iniziato a spingere alla ricerca del pareggio ma ormai il risultato sembra acquisito: 1 – 0 e tutti zitti. Zemanlandia ha riaperto ed è pure vittoriosa, per la prima volta in casa con il boemo. Invece no. Se tutti erano già pronti a scattare in piedi per i tre punti conquistati (e chiunque lo era), ecco che quei pochi secondi si rivelano inaccettabili e crudeli: Matias Vecino beffa Zeljko Brkic e regala al suo Empoli un punto atteso e forse insperato.

I tifosi del Cagliari, invece, ammutoliscono, esattamente come quegli undici in campo che non hanno la forza nemmeno di rimanere in piedi e si buttano per terra, disperati. Lo sconforto è talmente grande che non ci si ricorda nemmeno di quei pochi scatti di lancette che mancano al fischio finale. Gli occhi sono rimasti piantati lì, in quel maledetto pezzetto di terreno dove la palla dell’ex giocatore rossoblù (oltre al danno pure la beffa) è andata comodamente a depositarsi.

E dire che l’esaltazione da parte dei presenti allo stadio era stata grande. In molti, già prima che iniziasse la gara, erano ottimisti e convinti che quella di sabato fosse la partita della svolta. E il primo tempo non aveva fatto altro che confermare quell’ipotesi. La ripresa aveva riportato tutti con i piedi per terra ma c’era la convinzione che il risultato potesse essere difeso.

A fine gara, invece, due cose vibravano nell’aria: lo sconforto e il silenzio. Sconforto perché se giochi così bene come ha fatto il Cagliari nel primo tempo e non concretizzi non puoi che demoralizzarti (soprattutto quando i primi 45’ si sarebbero potuti chiudere benissimo con i rossoblù in largo vantaggio) e silenzio perché, una crudeltà del genere (la seconda in poche settimane, come ci ha insegnato Pinilla, un altro ex, con la sua Atalanta) ti lascia senza parole. E, se sei un vero tifoso, ti lascia anche deluso, amareggiato e privo di speranze.

Vuoi credere nel miracolo, se tifi davvero ci devi credere, però per un po’ la speranza passa e rimane solo l’amaro in bocca.
E da qui dobbiamo ripartire. Da quell’amaro in bocca che deve necessariamente trasformarsi in “dolce sapore della vittoria”. Siamo stati in situazioni peggiori di queste: e se ci crede il mister, sabato incredibilmente il più positivo di tutti, perché non dovremmo crederci noi?

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