Sono quattro le gare che restano al Cagliari per potersi salvare. Archiviata l'amara sconfitta in trasferta contro il Genoa infatti, alla banda Mazzarri spetta incontrare nell'ordine: Hellas Verona, Salernitana, Inter e Venezia.
Dire che su questi quattro incontri, almeno tre, saranno giocati alla morte dagli avversari dei rossoblù (per motivi diversi), non è certamente fantascienza.
Escludendo un Verona senza particolari esigenze di classifica, ma che comunque non regalerà nulla al Cagliari, Salernitana e Venezia son con l'acqua alla gola come i sardi, e l'Inter in piena corsa per lo scudetto.
Ognuno faccia pronostici o debiti scongiuri. Sta di fatto, che il Cagliari visto al Marassi, nonostante una prova appena migliore dei padroni di casa, oltre che rientrare in Sardrgna a mani vuote, ha dato poca parvenza di determinare il proprio destino.
La squadra ha sbalzi d'umore e di atteggiamento tali, che decifrarne il carattere risulta impossibile. Si passa da un approccio alla gara col botto (vedi contro il Sassuolo), ad un riscaldamento pre partita a Genova dove il più motivato, temeva quasi di guardare il pubblico di casa.
Venendo alla gara poi, e al netto di tutti gli errori tecnici sia in campo che alla guida tecnica, è stata una partita tra ultime della classe. Dove il più caparbio, con mezzo tiro in porta, si è conquistato i tre punti.
In qualsiasi modo la si legga, se il Cagliari dovesse riuscire nell'impresa di salvarsi, pare lo si debba più al caso che alla ricerca della salvezza stessa. Almeno, stando a ciò che emerge dal campo, da come vengono affrontate le partite, e dal modo di giocare della squadra di Mazzarri.
Pochissime azioni costruite, tanti lanci lunghi, e uno spirito pavido che (francamente) ha stancato davvero tanti tifosi. Dove per pavido, s' intende sia l'atteggiamento degli undici in campo, che quello in panchina.
Non si osa, non si rischia, si combatte con certosino autocontrollo. La sensazione è che si giochi per il pareggio fin dalla metà del primo tempo. Se qualche stagione ti può andar bene, a lungo andare prima o poi, il passo falso è dietro l'angolo.
Squadre “materasso”come il Benevento di turno, non ci sono in tutte le annate. E rischiare di diventarci, come il Benevento (con tutto il rispetto), è la fama che questo Cagliari si sta costruendo con le sue mani turno dopo turno.
Per non parlare della retorica che ogni anno (ormai da tempo) accomuna il destino del Cagliari al fatto che “la salvezza sia il nostro scudetto”. Dove i giocatori anziché essere stimolati, si possono “sedere tutto l'anno”, salvo poi alzarsi per le ultime dieci finali.
Fu così con Maran in panchina, poi Lopez, Semplici, Zenga, ed ora Mazzarri. Stagioni tutte diverse, ma a loro modo, tutte accomunate dall'anonimato più totale. Resta il valore del tifoso (che tutto scorda e tutto perdona) come unico retaggio, forse, dei tempi che furono.
Lo stadio si riempirà come sempre dunque, alla ricerca dell'unica emozione possibile ormai da troppe stagioni: “salvarsi per esistere, esistere per salvarsi”.