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La partita da sessanta minuti: nessun passo indietro

L'analisi del match con la Fiorentina

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Nessuno ci ha capito niente, questo è chiaro. Perché tutto comincia col verso giusto, Di Gennaro che si inserisce da vero trequartista e la incorna dentro, la classifica real time che sembra uno scherzo e il poker di vittorie consecutive che inizia a passarti davanti agli occhi.

Poi qualcuno pesta il filo, la spina si stacca ed ecco il buio. Cinque schiaffoni, uno dopo l'altro, cinque squilli della sveglia per far smettere di sognare. Si ritorna sulla Terra. Cinque gol subiti, vero. Vero anche che certe amnesie difensive non possono esistere, non devono esistere. Perché a volte (raramente) ti può andare bene, ma in Serie A le paghi il più delle volte, come ieri. Viola cinici, Kalinic che ritrova il suo killer instinct e rossoblù schiantati.

Ma c'è un "ma". Perché alla fine i sardi non hanno giocato così male come il risultato potrebbe far pensare. Il problema è che l'hanno fatto per 60', ha fatto tre quarti d'ora di intervallo, e in quella mezz'ora la Fiorentina ha fatto ciò che voleva. Il perché non è chiaro. Un calo mentale, più che fisico, perché poi la reazione c'è stata, seppur inutilmente e troppo in ritardo. 

Non è una sconfitta che ridimensiona il Cagliari, questo no. Non c'è stato nessun passo indietro, sia dal punto di vista dell'impostazione tattica, sia dal punto di vista del brio. I rossoblù giocano, credono nei propri mezzi e si vede.

È una sconfitta che fa male per com'è arrivata e per il momento in cui è arrivata, in fondo a Cagliari ci si stava abituando alle vittorie. Ma mercoledì casca a fagiolo il turno infrasettimanale: non c'è tempo per pensare alla sconfitta che subito i rossoblù saranno immersi nella preparazione alla sfida dell'Olimpico con la Lazio.

Inizio alle 20:45, fine alle 22.30. Non un minuto dopo, non un minuto prima. Nessuna pausa se non quella del quarantacinquesimo, quindici minuti e si torna in campo. Non vale staccare la spina, non vale mollare, la corrente alternata non ci piace.

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