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La fine del sogno e l'obiettivo improcrastinabile

L'analisi del match contro l'Inter

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Sette metri e trentadue. È la lunghezza di una porta regolamentare. Ora, se quella porta fosse stata di sette metri quaranta, o se per un attimo l’inclinazione dell’asse terrestre si fosse modificato di qualche centesimo di grado, il colpo di testa di Pisacane non si sarebbe schiantato sul palo, il Cagliari avrebbe pareggiato i conti e ora forse staremmo a parlare di un’altra partita.

Sarà anche un ragionamento inutile, e potrebbe anche esser vero che magari alla lunga l’Inter avrebbe portato a casa la partita in un modo o nell’altro. Ma il fatto che la partita sia stata in bilico così a lungo testimonia la buona prova dei rossoblù.

Certo, l’Inter aveva diversi ricambi, ma non più di quanti ne avesse il Cagliari. Basti pensare che i nerazzurri, facendo un conticino ad occhio, hanno messo in campo circa un centinaio di milioni, non esattamente i Primavera.

Poi è vero, nel finale i sardi son calati parecchio, ma è vero anche questo 3-0 è un po’ bugiardo e non rende affatto giustizia ad  una squadra di Serie B che è andata a San Siro a giocare la sua partita. Non dimentichiamo infatti che si trattava di uno scontro tra la prima della classe della Serie A contro la seconda della cadetteria, e non dimentichiamo nemmeno che non più tardi di quattro giorni fa i milanesi ne avevano rifilati quattro all’Udinese.

Di sicuro si può deresponsabilizzare per ognuna di queste realizzazioni Alessio Cragno, 21 anni ma con degli attributi che tre quarti dei portieri italiani in circolazione si sognano. Uscite basse da uragano Katrine, riflessi da felino e la risposta a chi pensava che, vivendo una stagione da dodicesimo, non sarebbe migliorato. Alessio è maturato eccome, sta diventando un ottimo portiere e presto metterà definitivamente a tacere tutti colori i quali l’anno scorso, nello stesso momento in cui gli puntavano il dito contro indicandolo come primo responsabile del fallimento Zemaniano, predissero che non sarebbe mai arrivato. Cragno ha aspettato la sua chiamata e, non  appena è arrivata, si è fatto trovare pronto.

Pronto come il signor Santiago Colombatto, 18 anni e non sentirli.  Perché in fondo, quando hai la qualità, la quantità e il carattere di questo ragazzo, che importa se davanti a te hai un Primavera o Kondogbia? Non appena è entrato ha preso le redini del centrocampo, ha psicologicamente falsificato i documenti e, da ultratrentenne quale lui non è, ha fatto intravedere un futuro osservabile anche senza sfera di cristallo.

Dal futuro di Colombatto a quello del Cagliari, che sabato riceverà la visita del Bari. Ed è su questo impegno che bisogna davvero focalizzarsi, perché contro i pugliesi i tre punti sono fondamentali. Bisognerà affrontare il match con umiltà e non con la presunzione di quelli “che sino a qualche giorno fa erano a San Siro a giocarsi i quarti di Coppa Italia”.

Ma del resto la voglia di vincere non mancherà. La coppa era un sogno, e si potrà tornare a sognare l’anno prossimo. Ma il campionato è un obiettivo e no, non si può rimandare.

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