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Il peso di essere i più forti

L'analisi del match contro il Livorno

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L’istantanea è quella di Aldo Spinelli, presidente del Livorno, che a fine partita applaude i suoi dopo il pareggio conquistato (in casa) contro il Cagliari. Parto da questa piccola immagine per dare un’idea di cosa i rossoblù siano diventati. I sardi son la squadra da battere, e forse su questo non c’erano dubbi manco ai nastri di partenza. Ma ora qualsiasi squadra giochi con il Cagliari lo fa con la grinta di chi vuole compiere l’impresa, di chi vuol dire di esserci riuscito.

Ora, se tu sei il cuoco e in cucina hai fagioli e lenticchie e stai sfidando in una competizione culinaria un avversario che ha caviale e foie gras le cose son due: o inventi la ricetta del secolo oppure la butti su un altro piano. E allora cerchi di gettare lo zucchero nella pentola del rivale, gli rovesci le pentole, tenti di mischiare caviale e foie gras. Se l’avversario è davvero bravo si accorge delle scorrettezze, rimedia e vince. Ma la maggior parte della volte il contendente si lascia prendere dal nervosismo e cade negli stessi errori, prova a rovinare il tuo piatto di lenticchie e fagioli e ti nasconde i coperchi. Non si accorge che gli basterebbe rimanere lontano da questi giochi sporchi per trionfare in scioltezza.

E quindi accade che il Livorno, che ha Vantaggiato ma non ha Melchiorri, che ha Jelenic e non Farias, che ha Biagianti e non Di Gennaro, che ha Ricci e non Storari, la butti sulla corrida. Falli, calcetti, spintarelle, piccole scorrettezze, roba da terza categoria, direbbero i sofisticati.

Ma la cosa funziona, perché in fondo se giocasse a chi ha i piedi migliori il confronto sarebbe impietoso. Ma questa è la Serie B, le squadre lottano col coltello tra i denti e mandano a quel paese finezze e gioco pulito. Il Cagliari si è lasciato coinvolgere nel clima della rissa, si è innervosito  e non è riuscito a portare a casa i tre punti. Certo c’è la componente sfortuna, certo Ricci ha fatto una gran partita, certo questi del Livorno hanno chiuso bene gli spazi, ma alla fine conta il risultato.

Rastelli già dal primo tempo ha fiutato il clima ostico e caotico e ha provato a dare ordine inserendo Di Gennaro, ma non è bastato. Così come non è bastato un Melchiorri in grande spolvero: l’attaccante si è reso pericoloso in più di una occasione, ha sfiorato il gol del 2-1 colpendo un doppio palo e avrebbe persino guadagnato un rigore se l’arbitro non avesse frainteso ammonendolo per simulazione. Ma soffermarsi sull’episodio è inutile, anche perché trenta secondi prima era solare il penalty per il Livorno per fallo su Vantaggiato, giudicato regolare dal direttore di Gara Chiffi. Importante anche aver ritrovato un gran Farias, incubo della difesa amaranto, che non è mai riuscita a mettergli la museruola.

Ora martedì si vola a San Siro: per un giorno sarà bello svestire i panni della regina e indossare quelli della Cenerentola. Perché avere la corona è bello, stare seduti sul trono pure, ma dopo un po’ senti fastidio alla testa e vuoi sgranchirti le gambe. E allora provi piacere a non avere nulla da perdere, ti ricordi di quando pareggiare una partita non era certo un dramma. Ma ora forse sei abituato a vincere.

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