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Il dolore è l'inizio della guarigione

L'analisi del match contro il Crotone

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Una giacca blu notte in pendant con la cravatta, un volto da provincia che trasuda gavetta, un briefing in campo - al triplice fischio - che richiama al pueblo unido jamas sera vencido. È bastato poco, pochissimo, perché Dom Cobb travestito da Leonardo Semplici innestasse sul Cagliari l'idea, sussurrata e dall'attecchimento facilissimo, della salvezza; considerata cibo per matti sino a ieri, ma da oggi trascinata dal vento della follia soffiato dalla prima vittoria dopo quasi quattro, leggasi quattro, mesi.

Sia chiaro, ieri c'è stato tutto meno che la rivoluzione francese, e il Cagliari non è sembrato assolutamente lontano anni luce dalla versione Di Franceschiana, anzi. Nessuno avrebbe chiesto l'intervento delle forze dell'ordine se il risultato finale fosse stato il pareggio e per di più, sino al signature dish del signore con la 30, il Crotone aveva dato l'impressione di avere qualcosa in più. E quel qualcosa era anche, se non soprattutto, Adam Ounas, caviale colpevolmente non spalmato da Di Francesco e dal Cagliari.

Ma qualche piccola variazione sul tema c'è stata e merita di essere analizzata. La prima - e più evidente - rivisitazione dell'undici ricevuto in dote da mister Semplici ha coinvolto la fascia destra. Il tecnico ha momentaneamente mandato al prato Zappa (per dirla alla mister Allegri) e ha rigenerato Nandez, consegnandogli la corsia e legittimando la sua metamorfosi da mezzala a uomo di fascia: la sensazione, netta e con pochissimo timore di smentite, è che difficilmente l'uruguaiano sarà schiodato dalla prateria per essere riaccentrato. Sulla destra El Leon ha ritrovato la verve e l'adrenalina per i dimenticati ruggiti vintage, dopo le ultime settimane di palese insofferenza in cui Nandez sembrava costantemente sull'orlo di una crisi di nervi.

La seconda – e meno evidente – modifica ha coinvolto l'altra corsia, quella mancina. Velo pietoso sul pietoso – appunto – secondo giallo rimediato da Lykogiannis (una fesseria al limite del disumano per ingenuità e tempismo), derubrichiamo l'episodio a incidente di percorso. E lo facciamo per la positiva prestazione del greco sino al momentaccio. Con Semplici il 22 sembra aver cambiato la sua interpretazione del ruolo, con una presenza offensiva più consistente e un'inedita attitudine al chiudere l'azione; a voler bestemmiare “alla Gosens”. In aggiunta l'invito a cena per Pavoletti, che torna a comandare nel suo feudo aereo dopo un'eternità, con un gol Pavolettiano che più Pavolettiano non si può.

Ed è proprio sulla dittatura del 30 che Semplici vuole costruire l'impresa, col pragmatismo e la semplicità – nomen omen – di un cross a cercare un'incornata. Senza arzigogoli, utopie, isterismi e scopiazzature. Con meno guardiolismi e più praticità.

Il dolore è l'inizio della guarigione, ma ora il mantra impone di volare basso e rimarginare le ferite. Una per una. Ad aprile si farà la conta.

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