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Cagliari alla cagliaritana, Italia alla italian(issim)a

L'analisi del match contro la Lazio

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Certe cose non cambiano mai. Una di queste è il profumo sprigionato dal pentolone di sugo della nonna, la domenica mattina, al risveglio dopo una serata tirata per le lunghe. C'è chi aspetta il pranzo, chi non rinuncia alla colazione: un caffellatte e qualche biscotto, mentre il pomodoro lentamente si consuma, il mestolo detta il ritmo del tempo e l'odore di domenica invade il quartiere.

C'è un'altra cosa che non cambia mai, ed è Lazzari che pesta il Cagliari, lo massacra e trascina il corpo intorno alle mura di Troia. Giocatore buono, per carità, a tratti buonissimo, ma quando vede il rossoblù l'ex Spal diventa Jeeg Robot. E forse, paradossalmente, a Di Francesco va bene così, perché vedere Lazzari alzarsi e camminare (anzi correre e doppiare un Lykogiannis che ieri sarebbe voluto essere ovunque meno che su quella corsia) è un buon motivo per alzare i decibel del colpo di tosse da far sentire in società.

Un esempio è quel 4-3-3 che il tecnico ha deciso di non cambiare anche se le ali fossero dichiarate incostituzionali da una sentenza della Consulta. Ad oggi, però, risulta sin troppo evidente che questa squadra non abbia gli interpreti per quel copione, col paradosso di un Di Francesco che ripropone il suo modulo del cuore in una squadra che, rosa alla mano, ha negli esterni offensivi la sua lacuna più significativa. Forse il roster è ancora tagliato per un rombo, ma qui si rientra in un discorso genetico ancora più largo (e rientrante nel tema di quelle cose che non cambiano mai). Fatto sta che gli allenatori che hanno avuto successo in Sardegna lo hanno avuto col 4-3-1-2, fatto sta che ogni qual volta qualcuno abbia provato la rivoluzione francese si sia mestamente tornati al dispotismo illuminato del rombo. E anche in questo caso credo che, a meno di interventi decisi e impattanti sul mercato, anche Di Fra rivedrà il suo credo. Il tecnico abruzzese sta passando per il santone dogmatico, per l'integralista col paraocchi, ma abbastanza ingiustificatamente, prova ne sia quel 4-2-3-1 giallorosso con Nainggolan (ma pensa tu il destino) dietro Dzeko e Salah ed El Sharaawy sulle fasce. Questione di tempo e il (vero) Cagliari prenderà forma, ogni casella si metterà al suo posto e tutto avrà più senso.

Ciò che invece non ha e non avrà mai un senso sono quei 1000 tifosi in tribuna. Chiariamo, il problema non è la riapertura, benedetta e sacrosanta. Il problema è la distribuzione, con tre quarti di stadio vuoto, la main stand invasa e il contingentamento degli ingressi ridicolizzato da questa folle contraddizione: una stupidaggine storica. Vogliamo dire che un posto occupato ogni tre (la tribuna ne ospita poco più di 3000) sia sufficiente? Benissimo, ma allora non ha senso il migliaio, e si potrebbe ragionare almeno sul migliaio a settore. “Almeno” è necessario, perché non calibrare gli ingressi in rapporto alla capienza, ma optare per il forfettario, è una boiata che fa scopa con la precedente. Pensare che San Siro (dove mille persone stanno a un chilometro di distanza tra loro) possa ospitare gli stessi spettatori dell'Alberto Picco de La Spezia non esiste manco nei videogiochi. 

Sempre che non li si faccia sedere tutti nello stesso seggiolino.

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