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Ora che il vento soffia e corre con te

L'analisi del match contro l'Atalanta

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Ora devi correre. Se ti chiamano non sentirli. Se se ti si piantano davanti, buttali giù. Calpestali, se necessario. 
Ma non smettere di correre. Perché se smetti ora hai lasciato tanto dietro, ma lascerai tantissimo davanti. Ora che finalmente il vento soffia e corre con te assecondalo, prendilo per mano, senti il suo bacio sul collo e lasciati andare.

Mentre a Roma si discute, Bergamo viene espugnata. Come l'anno scorso, come due anni fa. Quest'anno, però, il retrogusto ha tutt'altro sapore. Non tanto per la classifica, che per quanto difficile da metabolizzare a novembre lascia il (tanto) tempo che trova.

Il discorso verte principalmente sull'episodicità del sacco di Bergamo. Se nei campionati scorsi si avvertiva la netta sensazione che il Cagliari avesse pescato il Jolly, quest'anno i rossoblù si sono imposti autoritate rationis. Hanno usato la testa e giocato con malizia, come fanno le grandi squadre: hanno aspettato che l'Atalanta sfogasse la sua furia devastatrice per punirla laddove si poteva e si doveva punire: sulle ripartenze veloci, dove l'inferiorità numerica nella zona centrale del campo (aldilà dell'espulsione, una mediana a due vs una a tre) presentava il conto alla banda del Gasp. 

Il calcione di Ilicic ha reso tutto un pochino più semplice, va detto, ma l'Atalanta ha continuato a premere sull'acceleratore anche con l'uomo in meno. In questo caso è stato prezioso l'apporto di Cacciatore e Lykogiannis: tendenzialmente quando si affronta la Dea i laterali avversari escono spesso con le ossa rotte, asfaltati per 90' dai Gosens di turno. Ieri i due terzini rossoblù, chiamati al compito più complesso tra gli undici in campo, hanno portato a casa una sufficienza pienissima, normalizzando Gosens, Castagne e Hateboer.

Premiata anche la scelta Oliva, preferito a Cigarini per dare più dinamismo ad una squadra che sapeva di dover abbattere e ripartire ad alta insentità più che costruire con pazienza e geometria. 

Fa un certo effetto spostare le lancette a qualche mese fa e ripensare a come se la passassero gli eroi di Bergamo: proprio Oliva era niente più che un oggetto non volante non identificato; Simeone era diventato un direttore d'orchestra di soli fischi in quel di Firenze, Olsen sbandava sulla terra del Colosseo mentre il suo predecessore, Alisson, colonizzava la Britannia; Rog si prendeva l'ennesimo bollino da overrated finito in malora, Lykogiannis marciva in panchina mentre Pellegrini faceva il fenomeno nei campi di mezza Italia.

Non c'è nulla di strano dunque nel vedere questa squadra con lo spirito di una legione, sta tutto nella logica della rivincita: tanta quantità, tanto ritmo, tanta fiducia. Ciò che deve sorprendere è la qualità nelle giocate: non mi meraviglio della velocità con cui i sardi ribaltano il campo per il 2-0, ma per la lucidità con cui Joao Pedro fa il velo a liberare Oliva. La benzina può finire, ma certi circuiti mentali son difficili da spegnere, una volta innescati.

Arriverà un momento in cui la spia della riserva si accenderà per tutti: in quegli istanti un Cholito qualsiasi potrà ricordarsi di una scucchiaiata al Bologna e riprendere a correre forte.

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