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Troppa euforia, poco cinismo: DNA tradito

L'analisi del match contro il Verona

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L'euforia è bella a giorni alterni, con scadenza, sfumata sino a scemare. Il fuoco d'artificio è bello una tantum, nel giorno di festa: se reiterato offusca il cielo e il botto continuo diventa difficile da sopportare. Eppure non è mai facile tornare alla normalità. Succede in occasione della festa del paese, quando stappi per il primo dell'anno o quando espugni il San Paolo di Napoli; il che sarebbe di per sé un'impresa clamorosa, ma non la più complessa da materializzare.

Vincere è sempre difficile, rivincere molto di più. Per farlo bisogna trasumanare, abbattere la barriera che separa il computer dalla persona e resettare, pulire i file del passato e mettere a processo lo step successivo. Il Cagliari non è riuscito nell'archiviazione, ha proseguito i 90' di Napoli e ha provato ad imporsi sul Verona con l'autorità: ambizioso ma non realistico. Lo scivolone di Pisacane è l'episodio, ma tra lo scippo di Faraoni e il pareggio dei gialloblù esistevano tutta una serie di variabili intercambiabili che avrebbero modificato il mezzo, ma non il risultato, tramite il quale si sarebbe arrivati al segno X.

La forza di una squadra si consacra con la continuità delle giocate, con la caratterizzazione della proposta di gioco. Non è un caso che l'Atalanta mandi in gol con questa frequenza i terzini, non lo è lo sviluppo per combinazioni strette della Juventus e quello per inserimenti centrali dell'Inter di Conte. Il ripetersi del taglio di Callejon sul lato debole non è coincidenza, è DNA. Nel Cagliari che si è liberato della muta del cross per Pavoletti per cambiare abito c'è un processo di interiorizzazione da rispettare.

Le nuove vesti rossoblù ci parlano di una squadra che tiene, contiene e riparte. Crossa bene e punisce con un cinismo disarmante. Ieri i sardi hanno trovato difficoltà nel rispettare la genetica: tanto per cominciare ha contenuto poco e male. Faraoni e Lazovic trovavano regolarmente venti metri di campo da arare palla al piede, e solo un'imbarazzante precisione nel cross ha evitato che il problema fosse palesato con maggior forza.

E poi l'animo cecchino in vacanza. L'errore di Simeone profumava di Firenze e, duole dirlo, pesa quanto o più del pasticcio di Pisacane. Soprattutto perché rinnega lo spirito del Cagliari 2019-20, sviluppato e costruito per esser cattivo, contropiedista, robinhoodiano e spietato.

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