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SOMMERSI

L'analisi del match contro il Milan

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Il Cagliari è esistito. C'è stato un giorno in cui i rossoblù scendevano in campo, c'è stata un'era in cui i sardi erano una squadra. Oggi la ciurma Maran sembra l'Atlantide dei giorni nostri, la città perduta, sommersa dalla mediocrità che da troppo tempo si trascina dietro.

Un giorno forse racconteranno di quando ancora Pavoletti era lo sceriffo dell'aria: oggi il centravanti rossoblù è l'ombra del letale schiacciatore di inizio stagione, smarrito nell'eremitismo di nostalgici ricordi Lopez-Rastellliani. Là davanti, isolato come un numero primo e abbandonato a sé stesso, non sa e non può incidere.

Duole dirlo, ma anche Barella è crollato verticalmente da gennaio in poi: aldilà di qualsivoglia ragionamento cervellotico su presunte (de)motivazioni del 18, il calo delle sue prestazioni è un dato oggettivo che lascia poco spazio al dibattito.

La sensazione sempre più forte è che non sia tanto lui precipitato per "colpa" del Cagliari, ma viceversa: questa squadra dipende in modo totale dal 18, pilastro fondamentale e fulcro di entrambe le fasi di gioco. Nel corso degli anni i rossoblù hanno palesato questa subordinazione con prestazioni deludenti ogni qual volta Barella steccasse la partita, e ottime gare quando Nicolò giocava da 7 in pagella. Il fatto è che mai il talento azzurro aveva floppato per più gare consecutive: quest'anno sta accadendo, trascinando nel suo vortice una squadra che ha uno spasmodico bisogno del vero Barella.

Intanto il calendario impietoso recita "uno" alla voce "punti fatti nelle ultime sei gare": un dato tanto più preoccupante perché reiterato. Anche l'anno scorso i sardi, dopo un girone d'andata comfort, si sfaldarono tanto da squagliarsi.

La lezione non sembra esser stata assorbita, perché il Cagliari sembra di nuovo subire maledettamente l'inverno della Serie A.

Il peggio è passato dunque? Manco per sogno. Se col Milan si è vista la pioggia, sta per arrivare la tempesta.

Il calendario racconta Parma, Samp e Inter nelle prossime uscite. E se non si cambia marcia, qui finisce male. O forse malissimo.

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