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Donadoni e Cellino senza un perché e senza parole: una storia triste

L’ex tecnico rossoblù torna con garbo e pacatezza sul rapporto col vulcanico presidente

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Roberto Donadoni è certamente uno degli ultimi rappresentanti di un calcio nobile ed educato, quasi d’altri tempi: un uomo, prima che un allenatore, il quale si è sempre contraddistinto per la signorilità con cui ha affrontato e continua ad affrontare tutto ciò che il mondo del pallone, spesso in maniera smodata e ingrata, ti sbatte in faccia nel corso di una carriera. Anche e soprattutto gli episodi sgradevoli.

Come quando, ad esempio, quel 12 agosto del 2011 venne esonerato da Cellino prima ancora che il campionato iniziasse, non tanto per demeriti sportivi o tecnici, quanto per dissapori con lo stesso presidente (pare per motivi legati alla campagna acquisti). Sì, perché il buon Roberto, pur con educazione e pacatezza, non è uno che le manda a dire. Un aspetto che, considerata la fama di uomini fumantini che ciascuno dei suoi presidenti possedeva, non è di poco conto. Così descrive sé stesso in occasione della presentazione del libro “Papaveri e Papere”, con una serie di dichiarazioni raccolte da parmalive.com:

“Oltre a Berlusconi quando giocavo, da tecnico ho avuto presidenti come Spinelli, Preziosi, Cellino, De Laurentiis. Comunque con educazione io mi sono sempre tolto lo sfizio di parlare ai miei presidenti in modo diretto. Come quando a De Laurentiis ho spiegato che io capivo di cinema come lui di calcio. Secondo me non è giusto definire arroganti questi presidenti, è la nostra società che si basa sull'arroganza. La comunicazione nel calcio è spesso banale, ma anche perché sono banali le domande che ci vengono poste. Quando poi uno esce un po’ dalle righe, dicendo magari cose condivise ma taciute da tutti, si grida allo scandalo. E allora io mi adeguo al detto ‘meglio essere padroni dei propri silenzi che schiavi delle proprie parole’”.

Tutta la signorilità di Roberto Donadoni viene a galla, però, quando torna a parlare del rapporto con Cellino e della brusca fine della sua avventura in rossoblù, episodio poco edificante che, a suo tempo, di certo non gratificò il tecnico di Cisano Bergamasco:

“Con Cellino il rapporto era inappuntabile, poi di punto in bianco mi ha esonerato e non mi ha mai spiegato il perché. Non solo, da quel giorno non abbiamo neanche più avuto occasione di parlarci”.

Donadoni è una mosca bianca in un mondo fatto di arroganza e malcostumi vari. L’educazione, d’altronde, è merce sempre più rara nel calcio moderno, perlomeno in Italia: una qualità destinata probabilmente all’estinzione nel futuro prossimo. Nel frattempo, aggrappiamoci a personalità come il buon Roberto nella speranza che soggetti come lui possano quantomeno ritardare l’ineluttabile processo di decadimento morale a cui la società e il mondo del calcio sono destinati.

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