Leonardo Pavoletti, attaccante del Cagliari, è intervenuto ai microfoni di Radiolina, durante la trasmissione "Il Cagliari in diretta", per parlare di vari temi riguardanti la squadra rossoblu e del proprio rientro in campo in seguito al doppio infortunio al legamento crociato del ginocchio sinistro.
Ecco le sue parole:
“La mia condizione? Sto bene, inizia a fare molto caldo per allenarsi bene. Immagino i ragazzi che sono costretti a giocare, allenarsi, viaggiare, con una condizione fisica che non è al top. In un anno così particolare bisogna stringere i denti.
Tornare in campo? Ho chiesto al presidente e al direttore di fare qualche minuto nelle ultime partite, tanto per dire ci sono. E poi rientrare in questo campionato dopo due crociati rotti penso sarebbe un record, Coronavirus o meno (ride ndr).
La penultima partita con il pubblico? Non so niente, non so se ci stanno pensando oppure no. La penultima sarebbe con la Juve, vedremo. Sono andato a vedere Cagliari-Atalanta e sembrava un’amichevole. Uno di quei tornei estivi con 200/300 persone.
Concentrarsi a porte chiuse? Aiuta a concentrarsi sui propri obiettivi ma in questo periodo, con questo caldo, uno stadio vuoto secondo me ti toglie qualcosa più che dartela. Magari a chi soffre il pubblico può essere d’aiuto, per gli altri no.
Gli allenamenti in spiaggia? All’inizio la gente non ci credeva, non pensava che un professionista potesse allenarsi al Poetto. Poi piano piano le persone mi vedevano e hanno iniziato a riconoscermi. Per la verità sono state molto rispettose, mi facevano finire e poi dopo si rideva e si scherzava. Gli facevo passare un’oretta diversa e poi si parlava della squadra. L’ho fatto anche perché avrei dovuto fare la riabilitazione in piscina durante il lockdown ma le strutture erano chiuse. Quindi si è dovuto recuperare qualche esercizio più tardi: Abbiamo creato un buon progetto con Francesco Fois per variare e creare qualcosa di divertente. Quindi lui ha creato quel programma e due volte a settimana andavamo al Poetto. Serviva anche per far provare invidia a chi giocava, mentre io la provavo per loro (ride ndr).
Il lavoro sulla sabbia ad Asseminello? Credo che il mister creda molto nel lavoro sulla sabbia, aiuta a caricare sui muscoli senza però appesantire troppo il lavoro, altrimenti il ritorno in campo sarebbe diventato drammatico.
Diffidenza iniziale con i sardi? No, assolutamente. Io sono stato in tantissime città e ho sempre trovato facile farmi degli amici. I primi mesi qui non ci riuscivo, né io né la mia compagna. Forse era il prezzo del mio acquisto, forse altro, non so, Mi sentivo studiato. Poi è andato tutto alla grande. Ora è bellissimo quando la gente passa e mi fa “ciao Pavo”, come se fossero tutti miei amici, questa cosa mi fa impazzire.
Mettere radici a Cagliari? Ci stiamo pensando. E’ un posto unico: vivi bene, mangi bene, clima ottimo. La gente tiene alla squadra ma ti lascia lavorare. Vediamo, io sto bene qui, ho 3 anni e spero di farli tutti però il calcio è strano. In passato, quando ho espresso la volontà di rimanere, poi mi sono sempre ritrovato lontano. Ora però è+ una fase diversa della mia carriera, posso fare delle scelte.
Dove saremmo con me in campo? Non so, a volte ci penso. Io ho giocato in un Napoli fortissimo, micidiale. Però forse è la squadra più forte che hanno creato con me tra i protagonisti. Non aver giocato sarà sempre un grande rammarico. Poi comunque c’è stato il calo tra dicembre e gennaio però è una squadra proprio bella. Quando li vedo giocare penso che mi sarei potuto divertire. L’anno scorso abbiamo fatto un buon campionato ma sapevamo di dover sempre giocare al massimo per vincere. Quest’anno la squadra permette forse di essere un po’ più spensierati, soprattutto nel girone di andata.
Joao dice di aver imparato a colpire di testa da me? Mi fa piacere ma non ci credo, Joao ha sempre colpito di testa molto bene, stilisticamente forse è meglio di me. Gli voglio bene perché mi rende partecipe della squadra nonostante non scenda in campo con loro.
Paura di perdere i capelli? Io sono allegro e tutto ma un’annata come la mia ti mette alla prova. Negli ultimi tempi il pensiero c’è, però a parte le stempiature naturali di un trentenne mi difendo ancora bene (ride ndr).
Zenga? QUando è arrivato ero in Austria. Poi quando faceva la quarantena ad Assemini ci vedevamo tutte le mattine. Abbiamo avuto modo di parlare, per noi ragazzi poi trovarsi davanti un ex grande giocatore è molto bello. Vorrei dargli un giudizio dal campo ma ancora non ho potuto farlo.
A Zenga manca il bomber? Tra i giocatori più in forma ho visto Giovanni Simeone, quindi il bomber c’è. Magari manca un’alternativa, sarà per il prossimo anno.
I miei bomber di riferimento? Viene in mente Vieri, sia in campo che fuori. Era un campione in campo e aveva una vita eccitante a 360 gradi. Parlando di attaccanti, io sto leggendo un libro su Van Basten, è sempre stato il mio idolo. Non si è mai parlato troppo del dopo Van Basten, io avevo tutte le cassette risalenti a quando giocava nel Milan.
Paura dopo il secondo infortunio? Brutto momento anche perché hanno cominciato a girare voci inesistenti. Mi è caduto addosso il mondo a livello umano, in 13 anni non mi era mai capitato e in un attimo ero diventato attaccabrighe e altro. Ormai con whatsapp si crede a tutto, non è colpa di Cagliari. Erano voci incredibili, persino mio padre ha saputo della cosa e mi ha chiesto spiegazioni. La cosa che mi dispiace è che tra tanti anni, nonostante i tanti gol, si parlerà anche di questa cosa qui, mi fa arrabbiare. Poi si è trovata la quadra ed è andata bene. Mi sono sentito solo, per fortuna poi amici e società mi sono stati vicini.
Gol a cui tengo di più? Non tanto il primo gol in A, più Genoa-Inter. Ci giocavano l’Europa League, una serata magica nella quale mi riusciva tutto. Feci un gol bellissimo all’Inter e realizzai “cavolo, sono un giocatore di Serie A”.