Walter Zenga, allenatore del Cagliari, ha rilasciato un'intervista al 'Corriere dello Sport' nella quale ha parlato della propria permanenza in Sardegna in tempi di coronavirus.
Ecco le sue parole, così come riportate da mediagol.it:
“Sono qui ad Asseminello dal marzo, una settimana fa sono andati via Max Canzi ed il direttore Carli: siamo rimasti io e il tattico Gianni Vio. Facciamo le palle inattive uno contro uno a tutto campo. Scherzo, ovviamente, ma il momento è serio. Non vedo l’ora di tornare ad allenare, significherebbe che saremo tornati alla normalità. Ognuno ha i suoi problemi, per me che vivo di calcio ovviamente non vedo l’ora di tornare.
Sono disposto a qualsiasi tipo di sacrificio, sono disposto a farlo per il movimento calcistico: non ci sono solo i Ronaldo, i club hanno tanti dipendenti. La nostra è una vita particolare, dovremo convivere con regole che a cui non siamo abituati: chissà per quanto non potremo abbracciarci o darci una pacca sulle spalle. Ci saranno sacrifici da fare: a me per esempio mancano i miei piccoli, non li vedo da un mese e probabilmente non li vedrò per un altro mese. Ora loro sono a Dubai, in una zona sicura: anche là ci sono delle restrizioni chiare.
Ho iniziato a far l’allenatore prendendo qualcosa da tutti i tecnici che ho avuto. E non parlo della questione tattica. Ho avuto Radice, Trapattoni, Vicini: tutti allenatori che davano molta importanza all’empatia. Altri invece avevano bisogno del supporto dei giocatori nei momenti di difficoltà. E’ stato Eriksson che mi ha indirizzato a questa nuova carriera: l’ho avuto alla Samp, quando mi ruppi i legamenti feci sei mesi fuori, di fianco a lui. Notai come gestì le varie situazioni, riusciva sempre a dare serenità ai suoi calciatori.
Io poliglotta? Con Nandez, Oliva, Pereiro parlo un po’ in spagnolo, anche se la maggior parte del dialogo è in italiano. A Ionita parlo in rumeno, con Klavan, Waluckievicz ed Olsen in inglese”.