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Cagliari, Albertosi: "Il nostro scudetto diede dignità all'intera Sardegna"

"Il calcio di oggi è senz'anima"

La Redazione
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Il portiere dello scudetto del Cagliari, Enrico Albertosi, vecchia gloria rossoblu, ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano Avvenire, ricordando l'impresa del 1970, a qualche giorno dai 50 anni della sua celebrazione.

Ecco le sue dichairazioni:

"Scudetto del 1970? Ricordo tutto di quell’annata, e come non potrei… Tutto, a partire dalla grande coesione tra noi giocatori e l’allenatore, Scopigno. Un gruppo straordinario. Vincemmo con una squadra a cui nessuno aveva dato credito, in una Sardegna bistrattata da tutti, conosciuta per rapimenti e banditismo.

Che difesa era? Giravamo tutti bene. Avevo compagni di reparto eccezionali e se un difensore sbagliava, subentravo io con le mie parate e tutto si sistemava. Appena 11 reti subite, record imbattuto per i campionati a 16 squadre. La mossa decisiva di Scopigno fu portare Cera nel ruolo di libero dopo l’infortunio di Tomasini. Cera svolse quel compito egregiamente e si conquistò anche il ruolo nella Nazionale di Valcareggi ai Mondiali del ’70.

Gigi Riva? Gigi fu spesso decisivo. Siamo rimasti grandi amici. A Cagliari e ai Mondiali in Messico dormivamo nella stessa stanza. Senza il suo infortunio in Austria, l’anno dopo lo scudetto, avremmo fatto il bis in campionato. Nell’estate del 1974 dovevo passare alla Juventus insieme a lui. Cercai di convincerlo ma fu irremovibile nel dire no. Il suo rifiuto fermò anche me che poi andai al Milan.

Scopigno? Era un grande uomo che prediligeva il dialogo, quasi mai dava ordini. Creò un modulo di gioco innovativo, con schemi elastici. Conosceva la mentalità di tutti i giocatori e ti responsabilizzava. I ritiri con lui non esistevano.

Il calcio di oggi? È senz’anima. La dittatura dei procuratori ha cambiato tutto. In peggio ovviamente.

Un altro scudetto a Cagliari? Sarebbe bellissimo, in un momento da incubo come questo che stiamo vivendo per il Coronavirus lo vedo come il più bel sogno per il futuro".

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