A come Avelar: diventa la trottola personale di Maggio, Insigne e Callejon, che fanno a gara a chi ci gioca di più. A fine primo tempo rimane negli spogliatoi colto da labirintite acuta. Confuso.
B come Benitez: piagnone quasi quanto il suo predecessore Mazzarri, non riesce a mandare giù l’amaro boccone del pareggio del Sant’Elia. Indigesto.
C come Cellino: a fine gara piazza uno sfogo degno della peggiore delle zitelle in crisi di astinenza. Se la prende un po’ con tutti tranne che con sé stesso. Pretestuoso.
D come De Laurentiis: da par suo, nel pre-gara aveva dipinto la sfida del Sant’Elia come una semplice gara da vincere per loro, una finale di Champions per il Cagliari. Eh sì, ultimamente la Champions è fonte di grandi delusioni per il presidente degli azzurri. Sborone.
E come encomiabili: come tutti i rossoblù scesi in campo. Ma in particolare Cossu, uscito stremato al minuto 84 con tre metri di lingua stile Fantozzi per lo sforzo prodotto. Spremuti (ma soddisfatti).
F come Fernandez: lo spilungone si avventa con cattiveria sul piccoletto Sau facendo un fallo da giallo, e non contento lo calpesta stendendosi sopra il Pattolino inerme. E se la scampa pure. Telefono azzurro.
G come Goran Pandev: si guadagna con malizia il rigore. Dà tutto, poi viene sostituito e ne approfitta per prenotare una seduta in un centro Cesare Ragazzi. Scuccato.
H come Higuaìn: regge da solo il peso dell’attacco partenopeo. Sperava di cavarsela regalando un biglietto d’ingresso al Jackie’O al teenager Del Fabro, che invece gli rende la vita difficile. Lui incassa il rifiuto e inizia a impegnarsi sul serio. Bomber.
I come Is Arenas: a Quartu qualche vecchietto inconsapevole continua a recarsi allo stadio pensando di trovarci il Cagliari. Ma la favola è finita già da un po’. Qualcuno avvisi quei vecchietti. Rimpianto.
L come Lopez: guida egregiamente il Cagliari preparando impeccabilmente la partita da un punto di vista tattico. Rovina tutto presentandosi nel post-gara con tre chili di gel e un’acconciatura improponibile. Renegade.
M come Mertens: per il belga, col Cagliari si poteva solo che vincere dopo il successo con l’Inter. Evidentemente, ha già conosciuto strettamente il suo presidente. Sborone parte seconda.
N come Nenè: finalmente segna e ha l’occasione di riconciliarsi col popolo rossoblù, sempre critico con lui, ma non fa nemmeno in tempo a esultare che si strappa. Sfigato.
O come Oikonomou: sembrava dovesse essere lui a sostituire Rossettini, invece gli viene preferito Del Fabro. Perde l’occasione di dimostrare che non è solo colui che indossa il pigiama del Cagliari nell’unica foto che Google gli dedica. Deluso.
P come Pinilla: recupera in extremis ma parte dalla panchina, e lui ne approfitta per creare un album di fotuzze da bimbominchia su Twitter. Poi entra e fa il suo dovere. Fotogenico.
Q come quota 40: l’obiettivo si avvicina a piccoli passi. Tutti soddisfatti, tranne Ibraimi che ancora sta cercando l’espressione calcistica nel dizionario macedone-italiano, dato che per ora ha imparato solo le parolacce. Fondamentale (sia quota 40 che il dizionario di Ibraimi).
R come Radja: immenso a dir poco. Dimostra di meritare le attenzioni delle big, se ne infischia delle pressioni giocando una partita maiuscola. A fine gara dice pure che resterebbe volentieri a Cagliari: non vuole perdere i bollini del concorso a premi del supermercato sotto casa. Fedele.
S come Sant’Elia: più che uno stadio sembra un circolo per ex combattenti, ridotto com’è a un ritrovo per tesserati ed ex tesserati. Per pochi intimi. Insufficiente.
T come terreno di gioco: quello al quale Benitez imputa la mancata vittoria dei suoi. Peccato che al San Paolo siano già stati affissi da tempo tre spaventapasseri. Campo di patate.
U come ultima gara dell’anno: speravamo tutti nel regalo di Natale più ricco, ma ci accontentiamo comunque di vedere a fine gara i rossoblù festanti e gli azzurri incacchiati neri. Goduria.
V come Valeri: azzecca tutto, coadiuvato da due collaboratori che più che guardalinee sembrano Robocop: vedono anche i fuorigioco di mezza unghia d’alluce. Scofati.
Z come Zapata: entra a fine gara suscitando l’imbarazzo generale: nessuno sapeva chi fosse. Viene scambiato per il “Panteron” Zalayeta. Sconosciuto.