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Storia di un fiore mai sbocciato

Victor Ibarbo, il rimpianto eterno di un campione mai esploso

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Sono quindici minuti di fama. Nulla di più. Tutti noi inseguiamo quelli, come diceva Andy Warhol. E ci bastano. In quel quarto d'ora siamo tutto. Pazienza se prima non eravamo niente. Pazienza se dopo saremo nessuno. Sono quindici minuti di tutto, di riflettori, di occhi puntati addosso. Poi le luci si spengono, cala il sipario. Perché inizia il sedicesimo minuto, e sei pronto ad essere di nuovo nessuno.

Victor Segundo Guerrero Ibarbo è durato più di quindici minuti, quindi il suo successo se l'è goduto abbondantemente. Ma forse solo secondo Warhol, perché Ibarbo sarà sempre quello del dribbling matto al Catania, quello che si trascinò per tutto il campo mezza difesa della Juve, ma sarà soprattutto l'uomo dei "se".

Il suo trasferimento al Panathinaikos ormai è cosa fatta e manca solo l'ufficialità, fatto sta che il colombiano quest'estate saluterà definitivamente il Cagliari, e senza troppe lacrime.

Eppure qualche rimpianto ci sarà sempre. Perché comunque parliamo di uno sprinter di un metro e novanta, di un fisico statuario, con due gambe da saltatore in alto ma col dribbling nel DNA. Parliamo di uno che sarebbe potuto essere Weah ma che non lo è stato, e che non lo sarà mai.

First of all: il ruolo. Arrivò come centrocampista (uno così può essere il nuovo Vieira), fu provato sulla trequarti (con quei piedi deve stare vicino alla porta) per poi essere lanciato da seconda punta (uno del genere non può perder tempo a difendere) e qualche volta da prima punta (con quella stazza può fare il centravanti), in seguito da esterno (mica lo si può far giocare spalle alla porta, questo deve avere spazio). Ergo, o era sbarcato nell'isola il primo esempio di tuttocampista o qualcosa non tornava.

Fatto sta che di questi ruoli non ne faceva uno bene, o meglio, a volte lo faceva benissimo, a volte malissimo: o faceva il fenomeno o faceva il fratello del fenomeno, quello scarso ma che sta simpatico alla nonna.

Ed ecco il secondo grande problema di questo potenziale fuoriclasse: era tutto o era niente. Certe domeniche i difensori potevano solo prendergli la targa, altre pensavano fosse rimasto negli spogliatoi.

La sua fortuna fu di essere tutto nel momento giusto, si guadagnò i Mondiali e l'ingaggio della Roma, e sembrava l'inizio della definitiva consacrazione. Ma arrivato a Trigoria tornò niente, e allora Roma-Watford-Nacional e tanti saluti a riflettori, alle luci puntate. Il ritorno a Cagliari, l'arrivo imminente in Grecia.

Lì amano l'arte, si sa. E Ibarbo è stato anche arte. Ma a volte. Il problema è che la Gioconda sta lì tutti i giorni, e mai un giorno sì e cinque no. Sai che fregatura andare al Louvre e trovarti la sorella brutta della Mona Lisa che sta simpatica alla nonna?

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