Ah, caro Cagliari, lo sai, per tutti i sardi sei più che una semplice squadra di calcio. Sei un simbolo, una fede, una speranza, un cuore che batte forte. Per dieci anni, da quando Zola ti ha preso per mano riportandoti tra le grandi, ti abbiamo visto giocare in Serie A. Abbiamo sofferto con te, abbiamo gioito, quando Daniele Conti regalava contro il Napoli un’insperata vittoria e dava la scossa per rincorrere una salvezza che a tutti sarebbe parsa impossibile. Siamo emigrati a Trieste, forzatamente, abbiamo creduto invano in Is Arenas, abbiamo rivisto il Sant’Elia.

I miracoli sportivi, come nel 2007/2008, accadono di rado, e quest’anno la speranza della permanenza in massima serie è ridotta all’osso, se non del tutto svanita. Troppe le controversie che hanno accompagnato i rossoblù, ai quali spetta concludere la stagione in maniera quantomeno dignitosa.

Ma la serie B cosa rappresenterebbe per il Cagliari?

C’è chi dice che sia un bene, per ricostruire e ricominciare. Sbagliato.

Dal punto di vista economico, gli introiti per la società (diritti tv e sponsor) calerebbero vertiginosamente. D’accordo, ci sarebbe il tanto chiacchierato paracadute economico, ma potrebbe non bastare. L’immagine della Sardegna, inoltre, ne inficerebbe: la società sarda rappresenta infatti uno dei fiori all’occhiello della regione, sportivamente parlando, insieme alla Dinamo Banco di Sardegna.

E i tifosi? Per loro poco cambierebbe: il loro amore incondizionato verso i colori rossoblù li porterebbe a seguire comunque le vicende della loro squadra del cuore. Certo, giocare non più contro le grandi del nostro calcio ma contro compagini di provincia, dopo oltre dieci anni, non sarebbe il massimo. Ma loro sarebbero sempre pronti a cantare a squarciagola, qualunque sia la categoria: il Cagliari, lo ripetono più volte nei loro cori, “è tutto per noi”.